Sono stati commemorati stamani, nell’81° anniversario dell’eccidio, i Martiri delle Officine Reggiane di Reggio Emilia: Domenica Secchi, che era incinta, Antonio Artioli, Vincenzo Bellocchi, Eugenio Fava, Nello Ferretti, Armando Grisendi, Gino Menozzi, Osvaldo Notari, Angelo Tanzi. Morirono ai cancelli delle grandi Officine sulla via Agosti, tre giorni dopo l’approvazione dell’ordine del giorno Grandi da parte del gran consiglio del fascismo per la destituzione di Mussolini.

Reggio Emilia deve molto agli operai delle Reggiane. Per tutto il Novecento hanno rappresentato una spinta costante al progresso e alla democrazia. Hanno pagato un caro prezzo alle loro battaglie, con il carcere durante il fascismo, con la morte come il 28 luglio 1943, con l’emigrazione dopo l’occupazione degli anni Cinquanta”, ha detto il sindaco Marco Massari, durante il proprio intervento al Tecnopolo (Capannone 19 delle Officine Reggiane), dopo la deposizione della corona di alloro ai piedi della lapide che riporta i nomi dei Caduti.

“Quel giorno gli operai delle Reggiane scioperarono e volevano uscire dalla fabbrica per manifestare contro la guerra – ha proseguito il sindaco – Chi li uccise? Certamente il Regio Esercito, forse anche qualche guardia fascista della Direzione di fabbrica.

“Per capire quell’eccidio basta leggere l’ordine emanato dal generale Mario Roatta, capo di stato maggiore dell’Esercito, il 26 luglio: ‘ …qualunque perturbamento dell’ordine pubblico anche minimo e di qualsiasi tinta costituisce tradimento; poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue [versati in seguito]; i reparti… procedano in formazione da combattimento e si apra il fuoco a distanza anche con mortai ed artiglierie senza preavvisi di sorta, come procedessero contro truppe nemiche; non è ammesso il tiro in aria, si tiri sempre a colpire come in combattimento… chiunque compia atti di violenza e di ribellione… venga immediatamente passato per le armi”.

“Chi era Mario Roatta? Un generale che aveva comandato il Corpo militare che in Spagna aveva combattuto al fianco di Francisco Franco contro la legittima Repubblica spagnola, il capo della spedizione militare italiana in Jugoslavia responsabile di atrocità contro le popolazioni civili slovene, uno che l’8 settembre 1943, dopo aver abbandonato la difesa di Roma dai tedeschi, scapperà con il re Vittorio Emanuele III.

“Dunque per Roatta e per il re, gli operai delle Reggiane che chiedevano la pace erano traditori, meritevoli di fucilazione – ha proseguito il sindaco – Per noi sono eroi e martiri.

“Al di là di questo muro, che oggi ospita la lapide che un tempo stava nel viale d’ingresso dello stabilimento, c’è il Capannone numero 19 del nostro Tecnopolo. Nel restauro del Capannone 19, il primo realizzato nell’Area Reggiane, è emersa una scritta del periodo fascista, una di quelle scritte retoriche a cui il fascismo aveva abituato. La frase sul muro – non restaurata ma lasciata leggibile come era stata trovata – è: ‘La salvezza della storia sta nel lavoro e nella disciplina’ ed è attribuita a Mussolini. E’ stata lasciata, come le innumerevoli altre tracce del tempo, come in un ‘affresco’ di storia e vicende umane.

“Quelli delle Reggiane e oggi del Parco Innovazione, sono muri che parlano. Quella frase dice molto di quel tempo. E può dare fastidio leggerla.

“L’importante – ha sottolineato Massari – è sapere che prima di poterla scrivere, il fascismo aveva dovuto piegare con la violenza la resistenza degli operai delle Reggiane. E che gli operai delle Reggiane, per poterla cancellare, hanno dovuto subire anni di carcere e di persecuzione, hanno lasciato morti in terra quel 28 luglio e si sono poi dovuti battere in tanti nella lotta di Resistenza.

Qui attorno vediamo quanto ancora le Reggiane danno e potranno dare in futuro alla nostra città. E’ un luogo in grande trasformazione, come tutta la città del resto. E’ un luogo dedicato alle tecnologie e al loro sviluppo, ma è soprattutto un luogo per il lavoro delle persone, come è sempre stato. Sono pietre e ferri carichi di storia e la pietra a cui oggi stiamo davanti, quella che porta i nomi dei nostri Caduti delle Reggiane, resta la più importante”, ha concluso il sindaco Massari.

All’incontro sono poi intervenuti Nico Giberti consigliere delegato della Provincia di Reggio Emilia e Rosamaria Papaleo, segretaria generale Ust Cisl Emilia centrale.

L’ECCIDIO – Il 28 luglio del 1943, a pochi giorni dalla caduta del regime fascista, nonostante l’entrata in vigore di norme molto restrittive sull’ordine pubblico, emanate dal governo Badoglio, che autorizzavano il Regio Esercito e le forze dell’ordine anche a sparare contro ogni assembramento di manifestanti superiore alle tre persone, un corteo tentò di sfilare per le vie di Reggio Emilia, partendo dalle Officine Reggiane, chiedendo la fine della guerra, chiedendo la pace. Durante la manifestazione, ai cancelli delle Reggiane, il Regio Esercito, nel tentativo di interrompere la mobilitazione, aprì il fuoco sulla folla. Nove operai morirono e 50 persone rimasero ferite.

 

I PROMOTORI DELLA COMMEMORAZIONE – Comune e Provincia di Reggio Emilia, confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil, associazioni partigiane Anpi, Alpi-Apc, Anppia, Istoreco, Comitato ex operai e impiegati delle Reggiane e Comitato democratico e costituzionale sono i promotori degli eventi per la commemorazione.