Con l’arrivo dell’inverno e delle temperature rigide, aumentano sensibilmente anche i casi di intossicazione da monossido di carbonio.
Gli incidenti di questo tipo si verificano molto spesso a causa del malfunzionamento di impianti di riscaldamento, in seguito alla combustione di sostanze (legna, pellets o idrocarburi) in ambienti poveri di ossigeno e con scarso ricambio di aria. E quando la fiamma ha consumato tutto l’ossigeno presente nel locale infatti, inizia a produrre questa pericolosa sostanza, un gas altamente tossico, incolore, inodore ed insapore: respirarlo può causare gravi intossicazioni e persino la morte. Come sempre in questi casi, la prevenzione gioca un ruolo fondamentale.
Bastano infatti pochi e semplici accorgimenti per abbassare sensibilmente il rischio di quello che è a tutti gli effetti un vero e proprio avvelenamento, come spiegano gli specialisti dell’Azienda Usl di Parma, che all’ospedale di Vaio (Fidenza) gestiscono una delle tre camere iperbariche presenti in Emilia-Romagna.
“Il monossido di carbonio – spiega Luca Cantadori, direttore dell’Unità operativa di Anestesia, Rianimazione e Ossigenoterapia Iperbarica dell’ospedale di Vaio – oltre ad essere una sostanza altamente nociva, è un gas subdolo perché viene respirato senza accorgersene”. “Per impedire il suo sviluppo – continua – bisogna evitare l’utilizzo in ambienti chiusi, per scaldarsi o cucinare, di bracieri, barbecue, stufe o stufette a gas. Inoltre è di fondamentale importanza una manutenzione periodica degli impianti di riscaldamento, caminetti, caldaie e canne fumarie e non lasciare veicoli a motore accesi nei garage o altri locali chiusi.”
Nonostante non sia possibile accorgersi della presenza di questo gas nell’ambiente chiuso (se non con appositi rilevatori), è tuttavia abbastanza semplice riconoscere i principali sintomi di questa intossicazione. “Molto spesso – prosegue Cantadori – si verifica un esordio con cefalea e vertigini, fino ad arrivare alla perdita di coscienza. L’antidoto a questo veleno è la somministrazione di ossigeno: di norma è fornito a pressione normale e alti flussi, mentre nei casi più gravi è necessario il trattamento in camera iperbarica, che ha la capacità di far assorbire all’organismo una maggiore quantità di ossigeno e quindi “ripulire” i tessuti dalla sostanza tossica”.
La sensibilizzazione su questo fenomeno è di fondamentale importanza, per poter evitare conseguenze anche molto gravi. A questo scopo Azienda Usl di Parma e Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma hanno prodotto una locandina, con informazioni e raccomandazioni pratiche per evitare l’intossicazione o riconoscerne i segnali.
COME RICONOSCERE L’INTOSSICAZIONE E COSA FARE
Se, in presenza di un’apparecchiatura a combustione in ambiente chiuso, si avvertono sintomi come mal di testa, vertigini, nausea o vomito, confusione mentale, stanchezza, dolore toracico o perdita di coscienza, è necessario contattare subito il 118, per un soccorso sanitario immediato. E’ inoltre prioritario allontanare tutte le persone presenti dall’ambiente contaminato, aprendo porte e finestre per far entrare aria pulita, oltre a spegnere l’apparecchio (o l’impianto) che produce monossido.
LA CAMERA IPERBARICA DELL’OSPEDALE DI VAIO
Nei casi più severi di intossicazione, le indicazioni sono quelle di trattamento del paziente con ossigenoterapia iperbarica. L’Unità operativa semplice di Ossigenoterapia iperbarica dell’ospedale di Vaio è la struttura di riferimento per tutti i cittadini non solo della provincia di Parma, ma anche delle vicine province di Piacenza, Reggio Emilia, Modena e del sud della Lombardia (Lodi, Cremona, Mantova e parte della provincia di Pavia), con un bacino di utenza di circa 3 milioni di abitanti.
“Ogni anno – precisa Luca Martani, medico anestesista della struttura fidentina – la camera iperbarica di Vaio tratta circa 150 pazienti per intossicazione acuta da monossido di carbonio”. “La quasi totalità dei casi – continua Martani – avviene nel periodo compreso tra novembre e marzo, in concomitanza con l’accensione di apparecchiature di riscaldamento che spesso non funzionano correttamente. Per questo motivo è molto importante la prevenzione, che si traduce in una corretta manutenzione dei dispositivi, evitando soprattutto l’utilizzo di bracieri in ambienti chiusi”.
Oltre alla cura dei pazienti intossicati dal monossido (con una reperibilità in tutti i giorni dell’anno 24 ore su 24), la camera iperbarica dell’ospedale di Vaio è attiva anche per il trattamento di alcune patologie croniche, con una media di oltre 40 persone che ogni giorno si sottopongono a questo tipo di terapia, seguiti da uno staff composto da medici anestesisti-rianimatori ed infermieri specificamente addestrati.