Un nuovo patto per il distretto ceramico che ricrei le condizioni di sviluppo, benessere e pace sociale che hanno contraddistinto gli anni più felici del nostro territorio. Lo chiede il sindacato dei ceramisti Femca-Cisl di Modena, preoccupata per il clima teso e il malessere che serpeggia nelle fabbriche di Sassuolo e dintorni.
«Le ultime vicende contrattuali hanno evidenziato criticità mai riscontrate prima nel distretto delle piastrelle – afferma il segretario provinciale della Femca Vincenzo Tagliaferri – Oltre alle pesanti conseguenze occupazionali e sulle retribuzioni dei lavoratori, è evidente la volontà delle imprese e di chi le rappresenta di tagliare definitivamente i ponti con il passato. È giusto stare al passo con i tempi, ma l’innovazione che oggi viene avanti non ci piace. Non possiamo accettare che, in nome del cambiamento, si emargini il sindacato per avere mano libera, tagliare le retribuzioni dei lavoratori anziché puntare su efficienza, ricerca e qualità, delocalizzare milioni di metri quadrati, ridurre gli investimenti in Italia a favore di altri Paesi dopo aver sfruttato appieno le risorse di questo territorio». Tagliaferri ricorda che la fortuna di questo distretto è stata determinata, oltre che dalla capacità e dal coraggio della classe imprenditoriale, dalla laboriosità, competenza e responsabilità dei lavoratori, dal sostegno delle amministrazioni locali, da un sindacato intelligente e responsabile che ha contribuito alla crescita delle imprese e al miglioramento normativo ed economico dei lavoratori.
«Tutto questo è avvenuto grazie a un “patto” non scritto, ma di fatto attuato, che ha creato sviluppo, benessere e pace sociale. Oggi – denuncia il segretario dei ceramisti Cisl – questo “patto” è saltato, non certo per colpa del sindacato. Le politiche contrattuali attuate dalla nuova generazione di imprenditori, spalleggiati da una Confindustria Ceramica che dichiara candidamente di non elaborare politiche di indirizzo nella contrattazione, hanno di fatto sancito la fine della pace sociale nel distretto. Oggi per i lavoratori di questo settore l’unico livello di contrattazione che porta nuove risorse alle retribuzioni è il contratto nazionale. Nei rinnovi aziendali, – prosegue Tagliaferri – a parte le forzature di alcune imprese che hanno tolto retribuzione dalle buste paga dei lavoratori, gli incrementi salariali sono ridotti al minimo. È evidente inoltre, la volontà di togliere peso al sindacato, risparmiare sul costo del lavoro, chiudere con la storia di questo settore. Questo disegno crea nelle fabbriche un clima teso e di malessere che non giova certamente all’efficienza e qualità delle produzioni: chi compie questa scelta ne porta la responsabilità». Secondo la Femca forse non è pensabile riproporre lo stesso patto che ha funzionato in passato; occorre allora definirne uno nuovo. «Sarebbe miope chi ritenesse un’utopia provare a riunire attorno a un tavolo tutti gli attori che agiscono nel distretto e farli discutere. La Femca–Cisl agirà affinché si possa almeno tentare di percorrere la via del dialogo per giungere a un nuovo patto territoriale. Altrimenti – conclude il segretario provinciale Taglieferri – si rischia di appesantire lo stato d’agitazione e il clima sociale critico in cui il distretto è precipitato negli ultimi tempi».