Aveva bisogno di soldi e così, insieme a due complici, aveva deciso di fingere una rapina ai danni dell’ufficio postale dove lavorava. L’inganno è stato però scoperto dai Carabinieri della Compagnia di San Giovanni in Persiceto che, coordinati dalla Procura della Repubblica di Bologna, hanno denunciato 3 persone, due 50enni e un 46enne, tutti italiani e residenti in provincia, ora accusati di simulazione di reato e peculato, in concorso.
I fatti risalgono al 3 marzo 2020, quando i Carabinieri di San Giovanni ricevettero la telefonata del direttore di un ufficio postale della bassa bolognese il quale riferiva di essere stato minacciato con un coltello, derubato e rinchiuso in bagno da due malviventi all’interno della sua filiale. Presto soccorso e liberato, il direttore dell’ufficio, 50enne italiano, apparentemente spaventato, ma in buone condizioni, ha riferito ai Carabinieri di essere stato costretto ad aprire la cassaforte e a consegnare la somma di circa € 20.000 euro in contanti a due rapinatori. Nella circostanza riferiva che non vi erano clienti o altri dipendenti presenti. Lo stabile, tra l’altro, non era protetto da sistema di videosorveglianza.
Ai Carabinieri, che hanno da subito avviato le indagini, non sono però sfuggiti alcuni particolari. Tra questi il fatto che il direttore era stato chiuso in bagno con il suo telefonino, grazie al quale aveva dato l’allarme sebbene in ritardo; uno dei rapinatori inoltre aveva dimenticato il coltello utilizzato per la rapina sopra un tavolo degli uffici. È strato proprio quest’ultimo, sequestrato e inviato ai Carabinieri del RIS di Parma, a indirizzare le indagini verso gli odierni indagati grazie alle tracce di materiale biologico presenti sul manico. Con uno dei due profili infatti, il direttore è risultato avere avuto stranamente contatti al telefono nei giorni precedenti la rapina. Lo stesso direttore, ascoltato più volte dai Carabinieri anche a distanza di tempo per ricostruire la dinamica dei fatti è caduto spesso in contraddizione. Sul suo conto corrente poi, successivamente alla rapina, sono stati poi rilevati alcuni movimenti bancari in ingresso che non ha saputo giustificare.
I Carabinieri hanno così continuato ad approfondire la vicenda e hanno accertato che il direttore aveva problemi di tossicodipendenza, motivo per cui hanno ritenuto potesse aver maturato debiti anche importanti. Lo stesso, tra l’altro, aveva da poco sostenuto delle spese anche per l’acquisto di un’auto e la ristrutturazione di casa. I Carabinieri hanno ipotizzato così che per permettersi l’acquisto dello stupefacente e racimolare anche qualcosa per le altre spese, il direttore potesse aver deciso di simulare la rapina, di concerto con altre due persone, una delle quali è stato accertato gravitare nell’ambiente dello spaccio di stupefacenti. La conferma ai loro sospetti iniziali, i Carabinieri l’hanno avuta da una persona vicina agli indagati, che ascoltata come persona informata sui fatti, ha dimostrato di conoscere particolari sulla rapina che non erano mai stati divulgati, accusando il direttore e gli altri complici della sua simulazione per potersi impossessare del contenuto della cassaforte.
I tre, cui è stato da poco notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari della Procura della Repubblica di Bologna, ora rischiano il processo. Il direttore infedele nel frattempo, prima della conclusione delle indagini, è stato trasferito per altra causa ad altra sede dalla propria amministrazione.