“Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti i cittadini e le cittadine presenti qui in aula, alle consigliere e ai consiglieri, agli studenti, ai ragazzi e alle ragazze che sono qui oggi e quanti partecipano o parteciperanno a iniziative legate alla Giornata del ricordo e ai percorsi storici che abbiamo sentito prima raccontare. Saluto poi la signora Chiara Sirk e tutto il Comitato provinciale e l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, perché sono d’accordo con lei per quello che ha detto: la nostra Amministrazione è vicina alla vostra associazione e vogliamo continuare a lavorare per non solo celebrare e ricordare in questa data così importante per la nostra Repubblica, ma soprattutto per quello che dobbiamo consegnare alle nuove generazioni.
Il Giorno del ricordo è un appuntamento che in questo Consiglio celebriamo e raccontiamo con impegno, e ringrazio la Presidenza del Consiglio e tutto il comitato organizzatore di questo appuntamento e degli altri appuntamenti che abbiamo organizzato. Lo facciamo perché riteniamo che questa giornata solenne abbia una funzione per la nostra comunità, per chi ci ascolta e anche per chi ci ascolterà, a partire dal lavoro e gli impegni che ci assumiamo. È sicuramente un momento nel quale portare avanti delle riflessioni, fare dei ragionamenti, trovare soprattutto stimolo allo studio e all’approfondimento; e credo che questo debba essere il messaggio che lasciamo ai più giovani.
Quanto avvenne tra il 1943 e il 1945 falcidiò intere popolazioni e costrinse centinaia di migliaia di istriani, italiani, fiumani e dalmati dell’esodo a spostarsi, a lasciare le loro case, a perdere dei propri cari, senza avere giustizia. Ed è stato un momento della storia del secolo scorso sicuramente, in molti casi strumentalizzato, e ridotto ad un semplice contraltare, mentre io credo che vada guardato e vissuto ancora oggi con gli occhi delle vittime e con i sentimenti delle popolazioni che allora furono tragicamente toccate. Ecco perché quella tragedia non ha risposta, perché nessuna tragedia ha una risposta. La definizione stessa di tragedia parte da questo presupposto. Non ci può essere una spiegazione data soprattutto alle vittime per quanto succede, ma ci può essere invece la storia da ricostruire e da raccontare. Questo sì. E credo che le tragedie, in particolare le tragedie che in questa giornata ricordiamo hanno contribuito a segnare la storia della nostra Unione Europea, che con tutti i suoi limiti e con tutti i suoi ostacoli, con le sue velocità e purtroppo anche con i passi indietro che recentemente vediamo, è e sarà sempre la nostra storia. Il Giorno del ricordo ci ricorda, appunto, innanzitutto tutti questi elementi; e non c’è nessuna violenza che possa ristabilire la giustizia, quando il popolo italiano si fece invasore di quelle terre e quando, successivamente, la violenza del regime titino si scatenò in un percorso che portò alle Foibe, agli internamenti, all’esodo di tantissimi nostri concittadini italiani.
La Giornata del ricordo può aiutarci a capire, a conoscere, non può certo ridursi – come abbiamo detto – a dei soli eventi, a delle celebrazioni, a dei momenti nei quali, con dei discorsi di circostanza, ricordiamo quanto è successo. Occorre che da questi appuntamenti, da questo nostro lavorare insieme ci siano dei progetti, ci siano delle iniziative, ci siano nuovi spazi che vengono aperti, che permettano alle nuove generazioni di assumersi quelle responsabilità che le precedenti non sono state in grado di assumersi. Ecco perché vogliamo essere al fianco della vostra associazione, al fianco di tutti i progetti storici che contribuiranno a questo cammino. Anche per questo motivo nei prossimi giorni intitoleremo un giardino al professor Carlo Descovich. Qui so che ci sono alcuni familiari, che saluto. Lo facciamo, come è stato fatto anche in altre occasioni, per rivolgerci all’uomo, alla persona, alla figura e ovviamente anche alla storia, all’interno di questo percorso così importante che condividiamo, perché la nostra forza qui e oggi è nel ricordo, nella discussione e, in particolare, in quello che saremo in grado insieme di sapere suscitare. Ogni tragedia della sopraffazione infatti va letta con due lenti, diverse e complementari: quella della lucida ricostruzione storica (abbiamo sentito alcune parole); e quella dell’empatia, con quelle esistenze private di dignità che può cancellare. La logica dell’immedesimazione che ci aiuta a ricordare quella tragedia calandoci nell’appartenenza sicuramente è una cosa che ad esempio la televisione italiana ha saputo ricostruire in molte occasioni e in molti contesti. Certo, l’appartenenza agli affetti è una cosa che il tempo in parte cancellerà. È difficile per chi non ha avuto relazioni familiari dirette avere forse lo stesso effetto sulla propria vita personale, ma noi abbiamo la necessità e il dovere, come comunità di sentimenti, di assumerci l’impegno che da queste giornate usciamo insieme. Un po’ come abbiamo visto attraverso quell’immagine che il Presidente Sergio Mattarella e il Presidente Borut Pahor hanno voluto dimostrarci tenendosi mano nella mano davanti alla foiba di Basowice Basovizza. Credo che l’esempio del Presidente della Repubblica in questi ultimi anni, in particolare con queste immagini ci abbia richiamato a questo, ci abbia richiamato alla necessità di stare insieme, di fare passi in avanti assieme, di non dimenticare quello che è stato, ma di ricostruire una comunità di sentimenti che ci dia la forza di essere diversi, di far sì che la nostra Europa, la nostra patria, la nostra Italia non sia più quella che nel Novecento abbiamo visto dipinta in pagine terribili; e che le nuove generazioni, tenendosi mano nella mano, possano assumersi quella responsabilità che quelle precedenti non hanno voluto portare avanti. Grazie”.