Un ‘Catalogo dei lavori’ per dare opportunità agli ospiti del Charitas di Modena di un parziale inserimento in realtà aziendali del territorio. L’idea è proprio della residenza di via Fratelli Rosselli che ospita persone con disabilità serie e la spiega il presidente del Charitas, Mauro Rebecchi: “Vogliamo dare un’opportunità ai ragazzi, partendo dalla loro storia e dall’ascolto dei loro desideri, da quello che preferiscono fare. Non si tratta di imporre scelte nostre, ma di cercare di capire le loro necessità. Faccio un esempio concreto: un ragazzo va al centro diurno, viene mandato in piscina per un paio d’ore e poi fa musicoterapia più tardi, ma se a lui non piacciono queste attività? In questo caso è probabile che abbia crisi comportamentali, che si inquieti e che si risponda con l’uso di farmaci. Ogni persona ha delle preferenze, riuscendo a capirle meglio è possibile aiutare queste persone”.
Rebecchi insiste anche sull’aspetto relazionale e sociale: “Vogliamo uscire dall’ottica dell’assistenza tout court, a favore di un rapporto basato sulla relazione e sullo sviluppo. Il Charitas dentro alla città e la città dentro al Charitas, questo è l’obiettivo. L’accoglienza è bidirezionale, non si tratta solo di un progetto formativo per l’ospite, ma deve diventare importante anche per chi accoglie. Vogliamo vivere in una città che si unisce per aiutare qualcuno, non solo con il denaro e l’assistenza, ma con persone che si spendono in prima persona”.
“Accogliere persone con disabilità è una risposta a un problema sociale ed educativo per la società – si inserisce Chiara Arletti, direttrice della Residenza modenese -. La società non è più come una volta, un tempo gli istituti erano pensati e realizzati lontani dalla città, per isolare quelli che venivano considerati malati, nel nostro caso e per questo progetto è esattamente l’opposto: la città deve entrare nel Charitas e il Charitas uscire verso la città. Prendere a lavorare per qualche ora una persona disabile è un modo per accoglierlo e per dargli dignità”.
Il dottor Ciro Ruggerini, psichiatra del Charitas, puntualizza: “Essere protagonisti di una piccola esperienza in azienda vuol dire avere un ruolo, un compito: come per tutti noi questo è fondamentale. Si tratta di un’esperienza che si fa con disabilità gravi ma non gravissime, con persone che sono accompagnate in azienda da un educatore. Lavorare fuori dalla residenza insieme ad altre persone, andare a prendere il caffè alla macchinetta, fare esperienze di questo genere è molto importante. Di fatto rappresenta il primo passo verso l’indipendenza, un passo per iniziare a ipotizzare una vita domiciliare e per iniziare un percorso, per chi potrà arrivarci, di de istituzionalizzazione”.
La prima esperienza del ‘Catalogo dei lavori’ è stata iniziata con due persone con disabilità gravi, che hanno iniziato una collaborazione con una azienda di Magreta, la Gea di Massimo Magelli, una realtà che ha creato un ambiente di accoglienza per chi ha difficoltà. “Facciamo assemblaggi in conto terzi di apparecchiature elettroniche ed eletromeccaniche, partiamo da assemblaggi semplici, fino a strumenti finiti e poi programmati, chiusi e collaudati – sottolinea il titolare di Gea -. Siamo una piccola realtà, una decina di persone e l’idea mi è stata proposta da Mauro Rebecchi, che già conoscevo da qualche tempo. Abbiamo valutato insieme se e come farlo, abbiamo visto che potevamo partire dalle cose più semplici e ci siamo messi in gioco. Una mattina alla settimana le due ragazze vengono in azienda e abbiamo visto che loro sono contente e per noi è un progetto che funziona, facciamo fare loro cose semplici ma utili alla nostra realtà: loro sono felici, per noi è un piacere”. Magelli conclude: “Le persone che lavorano con noi sono ragazzi d’oro e diciamo sanno chi è il titolare… Danno una mano a chi ne ha bisogno. Abbiamo già avuto altre persone con diversi problemi, i miei dipendenti hanno una grande pazienza e il merito più grande della riuscita del progetto va proprio a loro”.
Rebecchi interviene a chiudere: “Vorremmo avere tante opportunità di questo genere presso aziende o associazioni, per potere creare un vero e proprio catalogo di opportunità da offrire alle persone disabili. Solo attraverso una attività di laboratorio si può parlare di relazioni e di accoglienza. Si tratta, naturalmente, di un progetto da poche ore alla settimana e se qualcuno vuole aderire offrendo nuove opportunità può rivolgersi direttamente da noi al Charitas”.