“Gentilissimo direttore, scrivo questa lettera per cercare di replicare alle numerose alzate di scudi recentemente registrate contro l’utilizzo dei monopattini elettrici, il cui servizio in “sharing” (condivisione dei mezzi) è stato da poco introdotto nella nostra città.
Parto dal citare un semplice dato: quello pubblicato da Eurostat nei giorni scorsi che vede l’Italia al secondo posto per il possesso di automobili pro capite in tutta Europa, con 646 auto ogni mille abitanti, che significa 6,4 su 10, che, escludendo minorenni e non patentati, raffigura un quadro molto vicino a un’auto di proprietà per ogni cittadino con patente di guida attiva.
A questo dato aggiungo quello dell’utilizzo che le persone fanno delle automobili, alla base della nascita del concetto stesso di sharing dei veicoli: analizzando la giornata tipo di un utente che utilizza l’auto per recarsi a lavoro, conteggiando quindi sia la notte che il giorno, ne risulta che le auto per il 90% del loro tempo sono parcheggiate. Parcheggiate in garage, sotto casa, nei parcheggi scambiatori, sotto l’ufficio, al supermercato, davanti alle scuole, lungo i marciapiedi, a volte anche a cavallo degli stessi, davanti alle palestre (in cui andiamo a fare attività fisica, in macchina), davanti ai ristoranti, al negozio di fiducia, alla scuola di musica, davanti alla chiesa la domenica. Auto in sosta come elemento caratterizzante del paesaggio dell’epoca contemporanea. Ci siamo abituati a vederle ovunque, a conviverci, a darle per scontate. Anzi forse non le vediamo neanche più. Scatole roventi d’estate, gelide d’inverno, che occupano spazio pubblico, tutti i giorni, a tutte le ore.
In questo scenario il monopattino non è appunto che un’opzione in più nell’offerta di mobilità quotidiana, e occupa certamente meno spazio di un’auto. E’ equiparato alla bicicletta e come tale va inteso. Chi commette infrazioni va sanzionato, così come accade per tutti gli utenti della strada. E’ una novità a cui non siamo abituati? Ci abitueremo. Anche a parcheggiarli meglio. Sembrano abbandonati? Il concetto del “free-floating” su cui si regge il servizio di sharing (ovvero prendo il monopattino e lo lascio in prossimità alla mia destinazione senza doverlo ancorare a stazioni fisse) non prevede la creazione di specifiche aree di sosta. Tuttavia come per le biciclette, dove non arriva il codice della strada, dovrebbe essere il buon senso a dirci di lasciarli in luoghi consoni, possibilmente presso le rastrelliere di sosta bici. Le stesse aziende sospendono gli utenti che non osservano il regolamento. E parlando di regole, sono ormai vent’anni che la Polizia locale di Reggio insieme all’Ufficio scolastico provinciale fa educazione stradale nelle scuole superiori, e dall’anno scorso ha introdotto una specifica sessione sui monopattini, spiegandone le regole e facendoli provare ai ragazzi, riscuotendo devo dire un grande successo fra i giovani.
Viviamo in una città altamente ciclabile in cui però tendenzialmente chi si muove in macchina la usa per spostarsi anche solo per poche centinaia di metri. Il posizionamento dei monopattini in condivisione nell’area più densamente urbanizzata (e quindi popolata) della città ne facilita l’uso proprio per gli utenti che tenderebbero a spostarsi in auto per piccoli tragitti e va ad aggiungersi alle possibilità con cui si raggiunge il centro storico dai quartieri limitrofi e dai parcheggi scambiatori, oltre a essere (nel caso dei monopattini privati) perfettamente compatibili con l’uso del trasporto pubblico.
I temi delle fonti dell’energia, dell’economia basata sul consumo e dell’evoluzione tecnologica sono globali e la strada da fare è tanta. Le scelte di mobilità che ognuno di noi fa quotidianamente sono l’ultimo tassello di un quadro ampio in cui tutti, oggi, siamo chiamati a fare scelte coraggiose. Non è facendo guerra alle novità o mettendo gli utenti della strada gli uni contro gli altri che otterremo città e spazi pubblici più vivibili, ma forse ottimizzando le possibilità di spostamento e i servizi pubblici potremo esserci più vicini. E questo passa anche dall’agevolazione dell’uso di mezzi sostenibili e pratici. Per questo sono contraria all’idea di introdurre il casco obbligatorio per i monopattini, o peggio, di richiederne immatricolazione e targa. Una norma del genere rischierebbe di compromettere anche la semplicità di utilizzo delle bici, ad esempio, su cui da anni è aperto un dibattito che rischieremmo di rilanciare. E francamente, oggi, nel bel mezzo di una crisi climatica senza precedenti, penso proprio che non ce lo possiamo permettere.
Parlando di consumi: i monopattini elettrici (quelli del sistema in sharing hanno batterie più grandi e quindi autonomie maggiori) compiono all’incirca dai 20 ai 35 chilometri con una ricarica che potremmo considerare analoga a quella di un computer portatile. Con uno smartphone in tasca e un’auto parcheggiata fuori casa – che nei migliori dei casi è elettrica e nel peggiore è diesel – vogliamo davvero polemizzare sulla fonte dell’energia con cui vengono ricaricati i monopattini o sullo smaltimento delle loro batterie?
Aggiungo infine un’ultima precisazione: il servizio di sharing dei monopattini non è a carico della collettività. Il Comune non paga le aziende, ma si è limitato a fare una manifestazione di interesse per selezionarle, rilasciare le autorizzazioni e redigere un regolamento (ad esempio su richiesta dell’Amministrazione le velocità sono limitate automaticamente a 21 chilometri orari e a 6 km/h nelle aree pedonali)”.
Carlotta Bonvicini
assessora alle Politiche per la Sostenibilità
con delega a Mobilità e Ambiente