È durato tre anni l’esperimento portato coraggiosamente avanti dall’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese per conferire all’Unione il servizio di polizia municipale, avviato nel 2016 dai comuni di Castel d’Aiano, Marzabotto e Vergato, a cui si era aggiunto Monzuno nel 2017.
E se l’idea iniziale era stata quella di veder crescere il servizio sino a coinvolgere tutti i comuni dell’Unione, una valutazione più attenta ha portato gli amministratori a fare un passo indietro e ammettere che l’esperimento non è riuscito. La situazione complessiva della polizia comunale nei restanti comuni è infatti profondamente disomogenea, specie in relazione al rispetto degli standard essenziali di servizio definiti a livello regionale, tanto da rendere inattuabile l’idea di ampliare il servizio a tutta l’Unione.
La convenzione era stata sviluppata partendo dallo schema preposto dal Servizio “Riordino Sviluppo Istituzionale e territoriale” della Regione Emilia-Romagna. Tuttavia, già in partenza il servizio mostrava un handicap non di poco conto: considerato che aderiva un sub-ambito di 4 comuni su 11, infatti, il servizio al contrario di altri non ha mai beneficiato interamente dei contribuiti regionali, volti a sostenere le gestioni associate.
Le difficoltà emerse sin da subito nonostante l’impegno di tutto il personale coinvolto sono evidenti: intanto l’estensione del territorio di riferimento era spropositata rispetto alla dotazione di personale del servizio; poi è stato difficile rendere omogenee le tante funzioni (polizia stradale, polizia giudiziaria, polizia municipale, educazione stradale, attività di notificazione; Cosap temporanea e Tari temporanea, eccetera) che hanno da subito mostrato profili diversi per comune. Ogni territorio ha infatti evidenziato esigenze differenti (viabilità, sosta, prossimità, commercio, manifestazioni, edilizia, eccetera).
Va detto che i benefici della delega di funzione in Unione in altri ambiti, dove è possibile fare economie di scala, nel caso di un servizio profondamente territoriale come quello della polizia municipale sono piuttosto ridotti, perché le attività di back-office che possono essere unificate non sono tantissime; oltre tutto, avere a che fare con diverse tariffe, regolamenti, dispositivi di sicurezza, non ha fatto che rendere più arduo il compito di chi ha cercato di raggiungere degli obiettivi standard.
A questo punto i comuni dovranno decidere se ricorrere al più agile strumento della convenzione, in cui solo alcuni aspetti sono condivisi (per esempio c’è un solo comandante, ma i bilanci e quindi entrate e uscite rimangono nettamente separate così come il personale dipendente) oppure addirittura procedere da soli, considerando però le carenze organiche che più o meno, dopo 10 anni di politiche di contenimento della spesa sul personale, sono gravi un po’ dappertutto.
A tal proposito il primo cittadino di Vergato Giuseppe Argentieri, assessore alla sicurezza per l’Unione, spiega che quanto sia stato importante negli anni scorsi provare a uniformare il servizio, ma ritiene però che a fronte dei risultati ottenuti sarebbe inopportuno insistere. «Le diverse esigenze di ciascun territorio unite alla complessità di dovere far interagire i bilanci dei comuni con quelli dell’Unione c’è per tutte le funzioni delegate, ma nel caso della Polizia municipale tutti questi sforzi non comportano un miglioramento del servizio. Ogni comune ha esigenze diverse e la necessità di strutturare il servizio in maniera personalizzata. Abbiamo un territorio molto vasto e poche risorse, non è aggiungendo ulteriori passaggi burocratici che possiamo pensare di risolvere il problema».