municipale_controlliNell’ambito  di  una  lunga  e  complessa attività investigativa sui centri estetici e sugli  acconciatori gestiti da persone di etnia cinese, durata quasi un anno sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, Sostituto Procuratore dottoressa Morena Plazzi,  il Reparto Polizia Commerciale della Municipale  di  Bologna, specializzato  nei controlli  delle  attività economiche e nella tutela del consumatore, nella giornata di ieri ha deferito  all’Autorità  Giudiziaria,  in stato di libertà, venticinque persone di nazionalità cinese ed italiana, con la possibilità che il numero degli indagati si allarghi ulteriormente durante il proseguo dell’attività, tuttora  in corso. Ad oggi sono stati chiusi ben 50 centri, di cui 21 estetiche e 29 parrucchieri.

L’indagine è partita  ad  inizio 2015 da un centro estetico cinese in zona Savena, che ha aperto avvalendosi di un direttore tecnico con attestato di formazione falso; il  direttore tecnico è una figura obbligatoria all’interno  di  uno dei tecnicamente definiti “servizi alla persona”, cioè estetisti e parrucchieri,  figura prevista  dalla  normativa proprio per tutelare l’utente. Il direttore tecnico, infatti, ha l’obbligo di frequentare un corso di formazione,  durante il quale gli vengono insegnati tutti i riguardi e gli elementi necessari a garanzia della salute dal cliente, per eseguire   tutte quelle operazioni che, in  assenza di preparazione, potrebbero cagionare danno alla salute dell’ignaro consumatore che vi si sottopone:  dalla  manipolazione sul  corpo, all’impiego di determinati prodotti per i capelli, o per eseguire lavorazioni sulle unghie, e tanto altro ancora. Al termine del corso viene rilasciato un titolo abilitante, e solo con quello è possibile rivestire il delicato ruolo di direttore tecnico.

La titolare del centro estetico in zona Savena, evidentemente con l’intento di  evitare la spesa dell’assunzione di un direttore, ne aveva inserito uno con attestato risultato falso, approfittando della semplificazione amministrativa  che, con una scia cosiddetta a “giorni zero”, permette di aprire un’attività nel momento stesso in cui tale apertura viene comunicata all’Amministrazione  telematicamente:  un  procedimento basato tutto sulla buona fede del  titolare e  sulle  sanzioni  penali  previste in caso di dichiarazioni  mendaci.

Da qui,  dal sospetto che potesse trattarsi di un fenomeno più diffuso e non di un caso isolato, è stata attivata, sempre sotto  il coordinamento della dottoressa Plazzi, un’attività a fasi serrate e  pressoché quotidiana di controllo, a cura della Polizia Municipale e del Settore Attività  Produttive e Commercio del Comune di Bologna, volta ad esaminare  una per una tutte le pratiche di apertura giunte in Comune negli ultimi anni, a controllare, presso ogni Ente che li aveva rilasciati, tutti gli  attestati  presentati  dai  titolari,  e  ad  ispezionare  ogni centro estetico ed ogni parrucchiere.

Ad oggi sono risultati 15 i cinesi che avevano fatto uso di attestati falsi e/o che hanno fatto false dichiarazioni all’Amministrazione Comunale; 7 cinesi,  2 italiane ed una algerina le persone che si erano falsamente attribuiti  titoli e qualifica di direttore tecnico. Tutti i centri in cui si  sono verificati questi fatti sono già stati chiusi e sono in totale 50, dislocati  un  poco  su  tutto  il  territorio comunale, ma con particolare incidenza sul Quartiere Navile.

La mole di lavoro è stata davvero elevata, basti  pensare che nel solo mese di settembre sono stati chiusi 15 centri tra  estetisti  e parrucchieri, 4 a ottobre e 5 a novembre, e tra le maglie dei controlli sono finiti anche 4 centri italiani.

Alcuni centri sono addirittura stati chiusi più volte, perché hanno cercato di  riaprire  con altre imprese ma con lo  stesso metodo delle false dichiarazioni.  Altri, invece, sono già stati controllati più volte e hanno dimostrato di voler rispettare le regole.

A  margine  dell’importante  attività  investigativa  e  della chiusura dei centri  irregolari, giova precisare che sono state comminate anche sanzioni pecuniarie,  oltre 50:  nonostante la singola  sanzione  prevista dalla normativa  sia di importo esiguo, circa 170,00 euro, l’importo totale delle sanzioni arriva addirittura a quasi 10.000 euro.

L’episodio  più  caratteristico  dell’intera  attività  è  stato certamente quello  del  direttore  tecnico che aveva accettato la nomina in due centri estetici  contemporaneamente,  cosa regolare purché sia in attività solo un centro  alla volta, cioè quello in cui è fisicamente presente il direttore.

Agli investigatori però non era sfuggito il fatto che i centri erano aperti contemporaneamente,  e che erano  anche  distanti  tra loro, pertanto con l’impiego di due  pattuglie  erano  stati controllati contemporaneamente, accertando  non solo che il direttore non era presente né in un centro né nell’altro,  ma  addirittura  che  in  un posto era assente per malattia, e nell’altro perché era andato a…fare la spesa!!!

 

Il commento dell’assessore  all’Economia e Promozione della città, Matteo Lepore, sull’operazione “Asian Beauty”:

“L’importante  operazione  portata a termine dalla Polizia Municipale e dal settore  Attività  Produttive e Commercio del Comune di Bologna rappresenta un  colpo per l’illegalità diffusa e la concorrenza sleale che si è diffusa anche nella nostra città.

Questa Giunta si era presa l’impegno di perseguire con fermezza il fenomeno dell’abusivismo.  Ora  che  i  risultati  sono  davanti agli occhi di tutti occorre fare ancora di più, perché soprattutto nelle periferie e nelle zone residenziali   di   Bologna   si  sono  diffuse  queste  attività  dannose.

Rappresentano  un  pericolo, lo dichiaro consapevolmente, per i consumatori in primo luogo, per i commercianti e gli imprenditori onesti e spesso anche per  i  dipendenti e le dipendenti che vengono coinvolte in queste attività di  dubbia  provenienza  e  scarsa  trasparenza  finanziaria.  Serve quindi coordinamento  tra  istituzioni ma anche la collaborazione dei cittadini ai quali   chiediamo   di   mobilitarsi   e   denunciare   laddove   ravvisino irregolarità”.