Il Maggio Fioranese ha concluso il ciclo degli ‘Incontri all’Astoria’, organizzati dal Comitato Fiorano in Festa, da Lapam Confartigianato Impresa e dall’Amministrazione Comunale guardando ancora a ‘Il futuro del fare’, ma per coniugare economia e solidarietà, partendo dall’Expo di Milano, dove Cefa, Granarolo, il Ministero degli Affari Esteri e l’associazione tanzaniana di allevatori NjoLIFa hanno vinto il primo premio come migliore ‘Bext Practice’ nella categoria “Sviluppo sostenibile nelle piccole comunità rurali in aree marginali”, con il progetto “Africa Milk Project: ama la tua terra, combatti la povertà, bevi il tuo latte”. Ne ha illustrato i contenuti il responsabile della comunicazione di Cefa Giovanni Beccari, rispondendo alle domande dell’assessore alle politiche culturali Morena Silingardi, dopo i saluti iniziali del sindaco Francesco Tosi, che di Cefa è stato direttore e presidente.
L’associazione era stata invitata dal governo tanzaniano a realizzar un progetto per ridurre la malnutrizione e per questo è stata creata una cooperativa fra gli allevatori del distretto di Njombe che dà vita a Njombe Milk Factory, un’azienda che segue tutta la filiera del latte e ne promuove il consumo nelle scuole, garantendo la distribuzione di latte a 25.000 bambini, anche grazie alla formula del sostegno a distanza dell’iniziativa., per ridurre la malnutrizione che provoca l’arresto della crescita.
E’ stato un percorso lungo quello promosso da Cefa perché ha introdotto il concetto di pastorizzazione del latte, ha portato razze diverse di bovini, rispetto a quella locale che ha una bassa produzione di latte. Mantenendo i prezzi bassi si è favorito l’uso di latte fresco rispetto al latte in polvere.
Ma il vero obiettivo era e resta quello di consentire alle popolazioni aiutate dai progetti internazionali di uscire dal bisogno. Il progetto Africa Milk Project ha consentito, secondo una ricerca dell’Università di Roma Tre, di aumentare il reddito degli 800 allevatori del 140% in tre anni. Oggi le famiglie si possono permettere altri bovini o mettere da parte i soldi per le spese scolastiche dei figli. E il ricevere il salario ogni 15 giorni permette loro di cominciare a economizzare.
Oggi l’associazione degli allevatori è diventata una spa che fattura ogni anno oltre 500 mila euro, con una quota detenuta anche da Granarolo, che porta il sapere e l’esperienza della azienda italiana con la più importante filiera italiana del latte, l’unica basata su un sistema integrato di produzione, dove l’intero processo e controllato e gestito in stretta collaborazione con i produttori locali. Dimensioni diverse ma molte finalità condivise con la spa nata in Tanzania.
Come ha dichiarato Giuanpaolo Calzolari, presidente di Granarolo: “Abbiamo sostenuto un progetto che replica il modello cooperativo sul quale Granarolo stessa si fonda, in una delle zone più povere della Tanzania. Lo abbiamo sostenuto nel tempo con la tenacia di chi vuole arrivare a farlo decollare, ispirati dal senatore Bersani, storico fondatore di Cefa Onlus (che ci ha recentemente lasciati) e dal suo team, costante nell’esserci vicino, nello spronarci a compiere missioni, ben al di là di logiche di mero assistenzialismo. Oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe grazie agli africani (tanti) della latteria, alle donne del distretto, che sono quelle che curano le stalle e gli animali, ai cooperanti di Cefa e ai lavoratori di Granarolo, sempre partecipi con le loro competenze. Siamo convinti che si potrà esportare questo modello per dare concrete opportunità lavorative ad altri allevatori e casari e una produzione di latte pastorizzato e quindi sicuro a tanti bambini nel mondo”.
Se si desidera davvero l’autosviluppo di quest’azienda è necessario “tagliare il cordone ombelicale” dei sostenitori italiani e farla camminare con “gambe tanzaniane”. Per giungere a questo importante traguardo Granarolo e Cefa hanno incontrato alcuni possibili partner industriali locali, a cui è stato proposto di completare la compagine sociale dell’azienda, per dotarla di competenze tecniche locali. A questi è stato chiesto di tenere fede alla finalità sociale della Njombe Milk Factory, cioè che una parte dei profitti continui a essere destinata ad attività di sostegno alla comunità, con il progetto “Latte alle scuole”.
C’è molto interesse imprenditoriale attorno alla Njombe Milk Factory e sono arrivate alcune richieste dal Ghana e dalla stessa Tanzania per riprodurre il modello della Njombe Milk. Al di là del progetto, però, chi ha creduto a questo “piccolo miracolo” è convinto che ci sono dei plus che hanno fatto la differenza e i più importanti sono stati: favorire il coinvolgimento diretto e responsabile dei beneficiari, promuovere la parità di genere nelle attività di produzione e gestione dei progetti, incoraggiare il processo di allargamento della base associativa e dell’azionariato per rafforzare la sostenibilità dei risultati.
Coniugare solidarietà, economia e sostenibilità sembra dunque possibile e l’Expo lo ha premiato.