Nello scorso mese di gennaio Rete Imprese Italia aveva posto all’attenzione dei parlamentari modenesi ed emiliani la necessità di risolvere le criticità finanziarie delle imprese colpite dal sisma prorogando di un anno, al 30 giugno 2016, il pagamento del finanziamento imposte e aumentando a cinque anni il periodo concesso per il rimborso. Una richiesta accolta parzialmente dal Parlamento, che nel Decreto Milleproroghe del 27 febbraio aveva sì recepito la proroga di un anno, ma aveva dilazionato di soli dodici mesi il periodo di ammortamento del finanziamento (che, in relazione alle diverse tipologie di imprese, era così passato da due a tre anni e da tre a quattro anni).
Un’interpretazione che aveva avuto conferma dalla Regione Emilia Romagna con una nota datata anch’essa 27 febbraio.
Tutto bene allora? Neanche per idea, perché ora gran parte delle banche sta richiedendo alle imprese le firme della rimodulazione del finanziamento facendo decorrere l’inizio del rimborso al 30 giugno 2016, ma lasciando inalterate le rate finali. Di fatto, dunque, le banche non hanno recepito quanto previsto dal decreto, lasciando invariate le scadenze finali (quattro rate semestrali anziché sei, sei rate anziché otto). Rate che quindi diventano insostenibili per le imprese, che nella stragrande maggioranza dei casi hanno sostenuto con mezzi propri la ricostruzione.
Cna, Lapam, Confesercenti, Fam e Confcommercio – Associazioni di riferimento di Rete Imprese Italia – chiedono un intervento immediato che risolva questa incongruenza, al di là di ogni interpretazione restrittiva della norma. “Non ci interessano le polemiche, né sapere se la colpa sia di una norma scritta male o di un’interpretazione difforme dalla volontà del legislatore. A noi preme soltanto che le vittime di questo corto circuito non siano le imprese che, a tre anni dal sisma, non hanno certo ancora recuperato le normali disponibilità finanziarie e sono ancora in grandissima difficoltà. Anche per questo continuiamo a sostenere la necessità che il periodo di rimborso sia portato a cinque anni per tutti e che vengano adottate quanto prima quelle soluzioni normative, zone franche urbane in testa, indispensabili a dare ossigeno ad un territorio che non ha ancora superato la fase post-terremoto”.