Il biomedicale deve ripartire nel suo distretto di origine. La filiera corta modenese è uno dei fiori all’occhiello dell’economia emiliano romagnola e dell’intero paese. Destrutturarla, replicarla in altre realtà, “usare” il terremoto per smantellarla è inaccettabile.

Questo distretto è frutto di sinergie tra produzione, ricerca, professionalità, che non ha eguali al mondo e per queste ragioni osteggeremo in tutti i modi tentativi di delocalizzazione che si dovessero perpetrare “usando” il terremoto come giustificazione.

La riapertura della Mallinckrodt Dar e la disponibilità della Sorin a convenire un’intesa per la ripresa produttiva sono l’esempio che da Modena, dal distretto, si può e si deve ripartire.

Il lavoro messo in campo dalle aziende con la messa in sicurezza dello stabilimento, del sindacato e dei lavoratori con la condivisione del progetto di riavvio, delle istituzioni con la celerità nella legalità degli interventi necessari, ha prodotto questo primo importante risultato. Utilizzando il decreto del governo del 6 Giugno, le disposizioni convenute con il Commissario Errani, si è dimostrato che nulla è impossibile. In questa regione, dopo gli accordi tra le parti sociali e le istituzioni, bisogna solo avere la volontà di ripartire rispettando due vincoli: la messa in sicurezza dei capannoni e la legalità.

Ci sono tutte le condizioni per approntare una piano generale regionale che, attraverso anche una temporanea delocalizzazione nel territorio emiliano romagnolo in capannoni sfitti e/o da requisire, permetta il ripristino dell’attività produttiva nelle filiere duramente colpite dal terremoto.

Abbandoni, delocalizzazioni selvagge, destrutturazioni di filiere, sono per noi scelte da contrastare in qualsiasi modo. A partire dalle multinazionali, l’esempio della Mallinckrodt Dar e della Sorin sono quelli da seguire: vale per tutti, dal biomedicale sino alla filiera della ceramica, alla componentistica meccanica, all’agroalimentare, al distretto tessile di Carpi.

(segreteria regionale Cgil ER)