L’indagine Ocse sull’educazione non rappresenta l’occasione per attribuirsi meriti (inesistenti) o per mistificare un’amara realtà: l’Ocse, infatti, fornisce indicatori utili per orientare le politiche scolastiche. Qualcuno dovrebbe spiegarlo al ministro. E sì, perchè davanti ai dati Ocse che affermano che l’Italia investe meno della media in istruzione, solo il 4,8% del PIL contro il 6,1%, che la percentuale dei nostri diplomati è ben inferiore alla media europea e che lo stipendio dei docenti ha perso l’1%, l’ineffabile Gelmini afferma che i dati confermano “la necessità di proseguire nella direzione delle politiche adottate dal governo”. Cioè quella dei tagli. Siamo davvero al paradosso. E la cosa è ancora più grave se si pensa che l’anno preso a riferimento dall’OCSE è il 2008, cioè l’ultimo prima dei “cura” imposta dalla Gelmini, che alla scuola ha fatto bere l’amaro calice di 8 miliardi di tagli. Per il bene del Paese, sollecitiamo il ministro ad avere il coraggio di guardare in faccia la triste realtà nella quale ha fatto precipitare la scuola pubblica italiana e ne tragga l’unica conseguenza possibile: si faccia da parte, lei che ha scambiato la scuola per un bancomat, e lasci spazio a chi crede nella scuola pubblica quale leva dello sviluppo personale e della crescita del Paese”.