Ora tutti potremo chiamarlo il paese del luppolo. Da mesi a Marano sul Panaro si lavorava per ricostruire le origini relative al luppolo, la pianta che sta alla base della produzione della birra. E’ il dottor Stefano Buiatti, Docente di Tecnologia della Birra, Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’ Università di Udine a porre su Marano sul Panaro il sigillo di paese culla della birra in Italia: “La prima esperienza di coltivazione di luppolo nel nostro paese – spiega il dottor Buiatti – risale al 1876 e fu effettuata a Marano sul Panaro in provincia di Modena nella tenuta del Marchese Montecuccoli.
I risultati furono più che incoraggianti e il prodotto ottenne un pubblico riconoscimento da numerosi fabbricanti di birra, italiani e stranieri e una menzione onorevole all’esposizione internazionale di Hagenau, nell’Alsazia. Per la coltivazione vennero usate varietà provenienti dalla Stiria e dalla Boemia. Altri esperimenti furono condotti nel 1908 dal Conte Faina nei pressi di Orvieto, nel 1914 nei pressi di Feltre dai F.lli Luciani, nel 1927 a Piegari (PG) dal Comm. Moretti e nel 1959 nel Bresciano dall’Ing. Dandoni.
Le più recenti sperimentazioni sono state condotte nel quinquennio 1984/89 con il finanziamento del Ministero dell’Agricoltura e dell’Assobirra. Per valutare la risposta della coltura alle diverse condizioni pedoclimatiche – conclude Buiatti – la sperimentazione è stata condotta in località diverse del territorio italiano (Rovigo, Anzola, Osimo, Battipaglia, Palmanova). Queste sperimentazioni hanno confermato le buone possibilità agronomiche e pedoclimatiche di coltivare il luppolo in Italia. Queste le parole del Sindaco di Marano sul Panaro Emilia Muratori: ” Sta prendendo corpo un progetto al quale l’Amministrazione comunale tiene particolarmente e che consiste nel riprendere a Marano una coltivazione che storicamente gli appartiene: quella del luppolo. Furono i Montecuccoli alla fine dell’Ottocento ad importare dalle proprietà della Croazia la pianta e a dar luogo alla sua coltivazione a Marano, nei terreni vicini alla Villa Montecuccoli (nota ai Maranesi come Colombarone) ed adiacenti al fiume Panaro. Ancora oggi un toponimo, “Casa del luppolo”, ricorda la coltivazione. E’ con soddisfazione che oggi, anche grazie all’interesse di privati, del Cipa (ente di formazione), dell’Istituto Agrario “Spallanzani”, dell’Università di Udine, si è intrapreso un percorso per far materializzare un pezzo della nostra storia. Infatti affiancheremo il percorso produttivo con una ricerca storia dedicata. Sappiamo che attualmente attirano particolare interesse, soprattutto per gli amanti della birra, le birre “artigianali”. Ci piacerebbe molto che il nostro luppolo ne favorisse la produzione e la qualità, in un’ottica di filiera all’interno del nostro territorio”.
Cos’e’ il luppolo
Il luppolo è una pianta erbacea perenne e rampicante e quindi per la coltivazione necessita di strutture di sostegno. I suoli devono essere preferibilmente a reazione neutra, profondi e permeabili, leggeri o a medio impasto. Il sistema radicale è molto sviluppato per consentire un rapido assorbimento di acqua. La pianta ha una elevata richiesta idrica durante il periodo estivo. Dalla cosiddetta ceppaia (organo sotterraneo perenne) si originano numerosi getti annuali che necessitano di un sostegno. I germogli crescono inizialmente verticalmente per poi avvolgersi a spirale (in senso orario) sul tutore. Subito dopo la raccolta il luppolo viene conferito all’essiccatoio dove l’umidità viene ridotta dall’80% a circa l’8-12%. La temperatura di essiccamento non deve superare i 50°C-60°C al fine di evitare alterazioni dei principi attivi del luppolo. L’impiego di anidride solforosa, utilizzata durante l’essiccamento per conservare meglio il prodotto e il colore, è meno frequentemente effettuato rispetto al passato. Al termine dell’essiccamento il luppolo viene pressato e confezionato in grossi sacchi