Teatro Boiardo gremito all’inverosimile per la conferenza del prof. Romano Prodi ieri sera, martedì 7 giugno a Scandiano, dedicata al tema dello sviluppo economico nei 150 anni dell’Unità nazionale. Dopo un aperitivo con gli imprenditori del territorio consumato in Casa Spallanzani, il professore originario di Scandiano è stato accolto da una folla in piedi ad applaudirlo, prima di salire sul palco accompagnato dal Sindaco Alessio Mammi che lo ha salutato e ringraziato: molti Sindaci, autorità e amministratori. Prodi ha poi parlato per quasi due ore in una conversazione dai toni informali – a tratti gravosa a tratti ironica – moderato da Azio Sezzi, esperto di tematiche dello sviluppo economico. E nello svolgere e approfondire in chiave dualistica temi cardine per l’Italia quali il rapporto tra pubblico e privato, l’impresa e il resto del lavoro, il Nord e il Sud, l’Italia vista dal binocolo internazionale ed europeo, Prodi ha tracciato un quadro a tinte reali, fosche in alcuni momenti. In un contesto europeo di profonda stagnazione, l’Italia “le cui innovazioni hanno sempre avuto spinta da necessità, in pochissimi casi da autonome iniziative” è costretta ad inseguire e galleggia a vista, ultima tra paesi del vecchio mondo che a loro volta lasciano sul campo alcune lunghezze in tema di sviluppo nei confronti del nuovo polo mondiale, l’Asia. Un’Italia fatta di piccole imprese che pagano alla globalizzazione un’eccessiva frammentazione in termini di ordini, tecnologie, fatturato; un sistema dei Distretti che è in profonda difficoltà, investito dai cambiamenti strutturali del mondo economico e finanziario.
Prodi arricchisce di esempi e rimandi alla situazione attuale le sue considerazioni: di grande effetto la perdita di attrattività del porto di Gioia Tauro: “era tra i più strutturati del Mediterraneo, sicuramente il meglio posizionato nel nostro Paese. Oggi perde la più grande azienda di container mondiale che vi svolgeva il proprio commercio: non solo non sappiamo attrarre imprese estere, ma lasciamo anche ciò che abbiamo, e in questo caso per il protezionismo illegale che caratterizza il sistema economico del Sud del Paese”. Cosa servirebbe al nostro Paese per un cambio di passo? Secondo Prodi sono indispensabili più coraggio, più voglia di rischiare nell’impresa, più serenità verso il futuro. “la paura d’impresa è una caratteristica europea: noi italiani ne siamo i leader. Gli imprenditori che investono di più nei beni famigliari che in quelli dell’azienda che hanno costruito sono destinati a ripiegare”. Parole dure anche per il sistema di governo nazionale, che il professore definisce “barometrico, assolutamente incapace di prendere decisioni necessarie contro l’opinione pubblica, per paura di perderne il consenso: in questo modo non si va da nessuna parte”. E se la Germania a costo di enormi sacrifici in termini economici e sociali è riuscita nella riunificazione di Est ed Ovest, nell’Italia dove Nord e Sud sono unificati da centocinquant’anni, ancora oggi non si è innescato un vero e risolutorio processo di uniformità sociale: “colpa dell’illegalità e dell’evasione fiscale”, è la lapidaria sentenza. E alla domanda se l’università è la principale causa della fuga dei cervelli, il professore ha chiosato “Il motivo primario è la mancanza di crescita economica: in un Paese che non cresce, apre lo studio dentistico il figlio del dentista, gli altri sono esclusi. Chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro”. Poche speranze dunque, e la necessità di dare un sferzata risolutoria alle sorti del Paese. “Ero a Shangai – conclude Prodi – e nella zona fitness di un hotel indossavo una tuta con la bandiera italiana. Mi si è avvicinato un signore che mi ha detto: che ci fa qui? Torni in Italia! E’ un paese così divertente. Ecco, fintanto che agli occhi del resto del mondo rimarremo solo un paese divertente, le nostre speranze di riscatto continueranno ad essere profondamente ridotte”.