Un’analisi della Northwestern University di Chicago sull’uso dell’eritropoietina, ha dimostrato una notevole riduzione dei casi associati ad una rara forma di anemia: l’aplasia pura della serie rossa. Tra i ricercatori anche un modenese, il dott. Stefano Luminari del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

I risultati di questo ricerca sono stati pubblicati sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.

I ricercatori, tra cui anche un italiano, il dott. Stefano Luminari del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, collaboratore del prof. Massimo Federico, che ha trascorso un periodo di studio presso il prestigioso Ateneo americano grazie ad un contributo finanziario dell’Associazione Angela Serra per la Ricerca contro il cancro, sono giunti ad associare il fenomeno ad un uso improprio – in determinati casi – dell’eritropoietina, e hanno dimostrato, a partire dal 2002, una riduzione dell’incidenza della sindrome. Nel corso degli ultimi anni era stata segnalata la comparsa di una rara forma di anemia, definita Aplasia Pura della Serie Rossa (PRCA), associata all’uso di eritropoietina umana ricombinante, un farmaco molto usato per il trattamento dell’anemia dei pazienti sottoposti a dialisi e dei pazienti trattati con chemioterapia.

Nell’articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, il Dott. Charles L. Bennett della Northwestern University di Chicago (USA), coordinatore del gruppo RADAR e gli altri ricercatori, descrivono gli sforzi congiunti condotti dalle istituzioni sanitarie europee e canadesi e dalle industrie farmaceutiche, produttrici l’eritropoietina ricombinante, per identificare la causa e ridurre l’incidenza dell’Aplasia Pura della Serie Rossa associata all’uso di eritropoietina.

“Lo studio – commenta il dott. Stefano Luminari – ha dimostrato l’importanza degli sforzi atti al monitoraggio degli eventi avversi associati a farmaci quando, terminata la fase di sperimentazione, ne vengono approvati l’uso e la commercializzazione. Il lavoro ha dimostrato inoltre come la stretta collaborazione tra istituzioni sanitarie e industria del farmaco consenta di giungere a risultati efficaci nell’individuare le cause e nel definire i provvedimenti per ridurre al minimo i rischi connessi con l’uso di prodotti farmaceutici”.