La Giunta del Comune di Sassuolo, nella seduta di ieri pomeriggio, ha deliberato l’intitolazione della traversa sul fiume Secchia, per la parte ricadente in territorio sassolese, al Servo di Dio Rolando Rivi.
“Penso di poter dire senza pericolo di smentita – afferma il Sindaco di Sassuolo Luca Caselli – che si tratti di un atto dovuto: una promessa mantenuta nei confronti di un uomo, prima ancora che di un religioso, la cui vita è stata tragicamente e barbaramente stroncata sul nascere, all’età di soli quattordici anni. Una tragedia, un brutale assassinio ad opera di un gruppo di partigiani del GAP, passata per troppo tempo sotto silenzio: obliata da una storiografia spesso faziosa che spesso dimentica i lati scuri di una Resistenza che ha avuto, come del resto tutto quanto, anch’essa luci ed ombre. Solamente dopo 61 anni, il 7 gennaio 2006, l’arcivescovo di Modena mons. Benito Cocchi ha dato inizio al processo diocesano per la sua beatificazione come martire innocente, caduto sotto l’odio anticlericale e anticristiano del tempo, per aver voluto testimoniare, indossando l’abito talare fino all’ultimo, la sua appartenenza a Cristo.
Sassuolo – conclude il Sindaco Luca Caselli – non poteva dare un segno tangibile dell’orgoglio che prova per Rolando Rivi e, solamente dopo una lunga battaglia contro una lenta burocrazia, grazie al lavoro tenace dell’Assessore Luca Cuoghi e del Consigliere Camilla Nizzoli, siamo riusciti ad ottenere il nulla osta per l’intitolazione che andremo a celebrare il prossimo 15 di aprile, in occasione del sessantaseiesimo anniversario della sua morte”.
Rolando Rivi nacque il 7 gennaio 1931 a San Valentino. Aveva quasi 11 anni, quando non potendo più contenere dentro di sé la voce di Gesù che lo chiamava, disse ai genitori e nonni: “Voglio farmi prete, per salvare tante anime: Poi partirò missionario per far conoscere Gesù, lontano, lontano”.
I suoi genitori non si opposero, e Rolando completato il ciclo delle elementari, all’inizio dell’ottobre 1942 entrò nel Seminario di Marola per le medie-ginnasio; come allora si usava, vestì subito la tonaca talare e Rolando ne fu orgoglioso, portandola con dignità e amore.
L’avvertiva come segno della sua appartenenza a Cristo e alla Chiesa e ne era fiero, e proprio l’amore che portava all’abito talare, sarà la causa della sua prematura fine.
Nel 1945 c’era ancora la guerra, ma nell’aria si avvertiva che stava finalmente avviandosi alla fine; in paese scoppiavano spesso discussioni politiche, alle quali non era facile rispondere, meglio tacere, ma in un’occasione in cui era presente l’adolescente seminarista, alcuni attaccarono ingiustamente la Chiesa e l’attività dei sacerdoti e Rolando con impulsività, ne prese le difese davanti a tutti senza alcuna paura. Così a quanti già l’ammiravano in paese, si alternarono taluni che lo presero a malvedere. Mentre i genitori si recavano a lavorare nei campi, Rolando prese i libri e si allontanò come al solito a studiare nel boschetto, indossando sempre la sua veste nera.
A mezzogiorno, i genitori l’attendevano per il pranzo e non vedendolo si recarono nel vicino boschetto a cercarlo; trovarono a terra i libri e un biglietto: ”Non cercatelo; viene un momento con noi partigiani”. I partigiani comunisti che l’avevano sequestrato, lo portarono nella loro ‘base’; il padre e il cappellano don Camellini, angosciati presero a cercarlo dovunque nei dintorni, intanto Rolando era stato spogliato della veste nera, che li irritava particolarmente, percosso con la cinghia sulle gambe e schiaffeggiato.
Rimase tre giorni prigioniero dei partigiani, subendo offese e violenze; davanti a quel poco più di un ragazzino piangente, qualcuno di loro mosso a pietà, propose di lasciarlo andare, perché in effetti era soltanto un ragazzo; ma altri si rifiutarono e lo condannarono a morte, per avere “un prete futuro in meno”.
Lo portarono in un bosco presso Piane di Monchio; scavata una fossa, Rolando fu fatto inginocchiare sul bordo e quando lui, avendo ormai compreso, singhiozzando implorò di risparmiarlo, ebbe come risposta dei calci e mentre pregava per sé e per i suoi cari, due scariche di rivoltella, una al cuore e una alla fronte, lo fecero stramazzare colpito a morte nella fossa. Fu ricoperto con pochi centimetri di terra e foglie secche; la sua veste da seminarista fu arrotolata come un pallone da calciare e dopo appesa come un trofeo di guerra, sotto il porticato di una casa vicina.
La traversa sul fiume Secchia è stata realizzata tra il 1979 ed il 1985 dalla Regione Emilia Romagna per l’impinguamento dei canali di Modena e Reggio Emilia. Successivamente il consiglio regionale stabilì che la gestione della traversa venisse disciplinata da apposita convenzione tra gli enti interessati e, a seguito di approvazione del progetto per la realizzazione e gestione di un attraversamento ciclo – pedonale, l’Amministrazione comunale di Sassuolo stipulò una convenzione con il Comune di Castellarano, la Commissione di Garanzia per la gestione della traversa e il Consorzio per la Bonifica Parmigiana Moglia per la sua realizzazione e gestione.