“La mobilitazione dei ricercatori e delle ricercatrici dell’Ateneo di Bologna è assolutamente legittima e trova tutto il mio appoggio e il mio sostegno politico. Anche se apprezzo le tiepide schiarite di oggi e la volontà del Rettore Dionigi di aprire uno spazio di confronto tra le parti, non posso accettare che si decida di far passare la salvaguardia dell’attività didattica come antitetica o in contrapposizione con la protesta di chi, nei fatti, da anni svolge gratuitamente, e senza essere tenuto a farlo, quella stessa attività”.

Così Gian guido Naldi, capogruppo di SEL-Verdi in Regione, interviene oggi in merito allo scontro che si è acceso da qualche giorno in Ateneo.

“Tutta questa situazione è frutto delle scellerate politiche universitarie del Governo. La precarietà, già a livelli altissimi all’interno delle Università, aumenta ancora di più e non si provvede a definire il ruolo giuridico degli attuali e dei futuri ricercatori. Li consideriamo “docenti”, in virtù del titolo puramente formale di “professore aggregato”, quando questo è funzionale al sistema, ma poi a loro è negato ogni diritto relativo a tale funzione. Senza contare poi i trattamenti discriminatori che devono subire, come, non ultimo, quello che si è tradotto nel prepensionamento obbligato a quarant’anni di contributi imposto a ricercatori e personale tecnico]amministrativo, ma non ai Professori di prima e seconda fascia”. Trovo assurdo quindi pensare di tamponare le difficoltà presenti facendo ricorso ai precari, le figure più deboli in termini di diritti, giovani privi di prospettive che mantengono in piedi il nostro sistema universitario”.

“L’Ateneo di Bologna, che conta circa 1254 ricercatori, non dovrebbe preoccuparsi – afferma Naldi – del danno d’immagine conseguente ai ritardi nell’avvio delle lezioni, ma, considerato il grande peso politico che ricopre anche a livello nazionale, dovrebbe far fronte comune con tutte le altre componenti del mondo accademico nel contrastare i terribili provvedimenti racchiusi nel DdL Gelmini. Sono certo che anche gli studenti, molti dei quali probabilmente saranno intenzionati ad iniziare una carriera di ricerca al termine dei loro studi, e le loro famiglie, che certamente non vorranno pagare la loro formazione per farli restare senza lavoro, capiranno perfettamente le ragioni dei disagi che incontreranno nella didattica e le motivazioni che sono alla base delle proteste”.