Si sono conclusi nella basilica di Santa Maria degli Angeli i funerali del sergente maggiore Massimiliano Ramadù e del caporal maggiore scelto Luigi Pascazio, i due alpini della Brigata Taurinense uccisi lunedì in Afghanistan. Presenti le più alte cariche dello Stato e il caporal maggiore Gianfranco Scirè, rimasto ferito nello stesso attentato.“Luigi e Massimiliano hanno vissuto per gli altri e sono morti per gli altri: sono morti come hanno vissuto, offrendo la loro vita per gli altri”, ha detto monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, durante l’omelia. “Luigi e Massimiliano – ha sottolineato ancora l’alto prelato durante l’omelia – hanno scelto la professione militare volendo partecipare in modo attivo e creativo alla pace, hanno scelto di donare tutto loro stessi per gli altri. Sapevano bene che la vera disgrazia sarebbe stata morire per niente e per nessuno. Ed è stata proprio la loro morte a rendere più evidente il vivere per gli altri”. “Hanno scelto di non vivere per se stessi, non hanno voluto un’esistenza tesa solo alla propria soddisfazione e alla propria gloria, senza alcuna prospettiva di amore. Al contrario, hanno preferito vivere per gli altri, sostituendo all’io il noi”, ha affermato. “Per i nostri giovani militari – ha detto ancora monsignor Pelvi – le missioni di pace sono una questione d’amore per dare dignità e democrazia a chi piange e soffre nelle terre più dimenticate. Amore e pace sono inseparabili”. E “il sacrificio dei nostri militari non è vano, non solo per l’Afghanistan, ma anche per l’Italia e il mondo intero”, ha aggiunto, perché “le condizioni di insicurezza di altre nazioni, se non contenute e sradicate, possono ostacolare il progresso della famiglia umana”. “Ignorare il pericolo terrorista – ha aggiunto l’alto prelato – non allontana la minaccia, ma la porta dritta al cuore delle nostre città. La rinuncia a pensare il mondo al di là del proprio interesse immediato, la sfiducia nell’azione umanitaria, la diffidenza verso ogni universalismo, tutto questo è la tomba dell’umanità”.”Ricordiamo il servizio reso dai nostri figli e dai militari di altre nazioni resta un evento scritto per sempre nella storia della pace, un patrimonio che deve irrobustire la coscienza nazionale unitaria degli italiani”, è stato l’invito di monsignor Pelvi.

Un lungo applauso ha accompagnato l’uscita dei due feretri dalla basilica. All’uscita della chiesa, le salme, a cui ha reso gli onori militari un reparto interforze, erano precedute dall’ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi e dai sacerdoti concelebranti e dalla corona del presidente della Repubblica. Dietro le bare i familiari dei militari, in preda a un dolore straziante, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; quelli del Senato, Renato Schifani, della Camera, Gianfranco Fini, del Consiglio, Silvio Berlusconi, il ministro della Difesa Ignazio La Russa. Dopo la benedizione dei feretri, il presidente della Repubblica ha abbracciato e salutato i familiari dei caduti.Le salme verranno ora condotte nei luoghi di origine dove si svolgeranno le esequie private per la sepoltura.

I feretri sono stati rimpatriati ieri mattina con un C-130 dell’Aeronautica militare atterrato a Ciampino. Ad accogliere le salme il capo dello Stato Giorgio Napolitano, i familiari dei caduti, le massime autorità dello Stato e i vertici militari. Poi i feretri sono stati trasferiti all’ospedale militare del Celio dove è stata allestita la camera ardente per i due militari.