A conclusione di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica-Dda di Catania e condotta dalla Polizia di Stato (Squadra Mobile di Caltanissetta Sezione Criminalità Organizzata e Commissariato di Ps di Niscemi), con l’operazione ‘Crazy Horse’ la scorsa notte sono stati eseguiti dalla Polizia tre fermi emessi dai pm della Dda di Catania Fabio Scalone e Francesco Testa, a carico di pericolosi affiliati alla cosca di cosa nostra di Niscemi e Vittoria. Si tratta di tre persone: R. L., detto ‘Saru cavaddu’, nato a Niscemi, 48 anni, pluripregiudicato anche per associazione mafiosa e armi, già sottoposto al regime della detenzione domiciliare; G. L., soprannominato ‘Peppi vureddu’, pure lui nato a Niscemi, 54 anni, pregiudicato; A.F., 42 anni, di Niscemi, pregiudicato. Nel corso dell’indagine è emerso grazie ad alcune intercettazioni ambientali e registrazioni di conversazioni tra i tre, che sarebbe stato pianificato ”un chiaro progetto intimidatorio-omicidiario in pregiudizio di due minori e altro soggetto maggiorenne, figli e parenti – spiegano alla questura di Caltanissetta – di due aspiranti neo collaboratori di giustizia di Niscemi”. Il nucleo operativo dei Carabinieri di Ragusa, che ha svolto parallele indagini tecniche sempre delegate dalla Dda di Catania, ha eseguito un altro provvedimento di fermo, sempre per associazione mafiosa a carico di A.A., nato a Vittoria, 27 anni, pregiudicato.

”I tre criminali – sottolineano alla questura di Caltanissetta – avevano individuato anche una delle campagne in cui risiedeva uno dei minori del collaboratore, mentre invece avevano intenzione di contattare altro soggetto maggiorenne, parente dell’altro aspirante collaboratore, con l’intenzione di minacciarlo e fare recedere conseguentemente il collaboratore dai suoi propositi”. In caso contrario avrebbero fatto fuoco contro il congiunto del collaboratore di giustizia. Quanto emerso dalle indagini ”rappresenta solo il culmine di una azione intimidatoria precedente, ben congegnata da parte dei soggetti mafiosi arrestati, che avevano già proceduto ad incendiare le autovetture di uno dei due aspiranti collaboratori e avevano provato a contattare e a minacciare lo stesso pentito con telefonate fatte alla sua convivente e visite fatte presso la casa della madre del collaboratore. Era stata quest’ultima donna a segnalare tali gravi episodi alla Polizia”. La ”notevole forza criminale” della organizzazione mafiosa di Niscemi ”trova storicamente le sue basi proprio sul fatto che non vi sono stati, negli ultimi anni, significative collaborazioni da parte di soggetti affiliati ai clan della stidda e di cosa nostra, per cui – si fa notare – l’azione omicidiaria interrotta con l’odierna indagine, se realizzata, sarebbe servita a dare un severo monito a quanti vogliono mettersi contro le organizzazioni mafiose e i loro interessi”. In alcune delle conversazioni, parlando di uno dei due neo collaboratori, si riferiva di ‘essere a conoscenza che circa una settimana prima quest’ultimo era stato scarcerato’, aggiungendo di sconoscere però la sua attuale dimora. In effetti recentemente il neo collaboratore era stato sottoposto agli arresti domiciliari in località segreta. ”Dal contenuto di tali conversazioni – rileva la Polizia – si evidenziava chiaramente come uno dei due collaboratori unitamente ad altri soggetti di Vittoria, ed altri comuni viciniori, appartenessero ad un’associazione mafiosa riconducibile a ”cosa nostra”. Alla luce dei gravissimi elementi emersi, i Pm della Dda di Catania, su richiesta della squadra Mobile di Caltanissetta e del Commissariato Ps di Niscemi, hanno quindi emesso il provvedimento di fermo di indiziato di delitto nei confronti dei tre. Per quanto riguarda il quarto indagato, viene sottolineato che ”sebbene questi non risultasse partecipe alla conversazioni, agli atti di questi uffici e della Dda di Catania emerge il vincolo associativo mafioso che lega l’uomo agli altri tre indagati, ritenendo peraltro, probabile la sua presenza nella progettanda azione di fuoco”.

Fonte: Adnkronos