uva“E’ un attacco ai produttori che applicano la filiera corta impegnati a contenere i costi e a venire incontro ai consumatori che si rivolgono direttamente alle aziende agricole per acquistare i prodotti”.

E’ il commento di Carla Miana, direttrice della Cia Confederazione italiana agricoltori di Modena, dopo che L’Usl ha inviato a migliaia di imprese agricole del territorio modenese una richiesta di autodichiarazione per chi produce e vende vino, miele ed altri prodotti trasformati, formaggi e aceto balsamico tradizionale compresi, al fine di stabilire un importo, a carico del coltivatore, necessario per ‘pagare’ le spese dei controlli sulle derrate. “Non siamo contrari ai controlli – aggiunge la Miana- ma è un’altra tegola che arriva in testa agli agricoltori già vessati da una pesante burocrazia. Mentre il settore langue per il clima di recessione, con prezzi all’origine che non coprono i costi di produzione, i produttori dovranno mettere le mani al portafoglio per finanziare i controlli sanitari che dovrebbero essere a carico della pubblica amministrazione”.

Dal 12 dicembre 2008, infatti, è divenuto operativo un decreto legge che stabilisce “le modalità dei controlli sanitari ufficiali eseguiti dalle autorità competenti per verificare la conformità alla normativa in materia di sicurezza alimentare”. Ben vengano i controlli da parte dell’Usl– aggiunge la direttrice della Cia modenese – ma questo è un balzello che aggrava la situazione di precarietà economica delle imprese”. Il decreto legislativo 194 si rivolge ad una vasta gamma di imprese impegnate nella trasformazione dei prodotti e gli importi vengono stabiliti in base alle fasce produttive. “Come contribuenti – dice Cristiano Fini, vitivinicoltore di Castelfranco Emilia – non riteniamo di dover essere sottoposti ad una ennesima tassa per una attività già oggetto di imposte”. Sulle uve Doc, ad esempio, esiste già una tributo che grava sul produttore e che serve per pagare, anche in questo caso, i controlli sui vini. “Ancora un altro obolo a carico del produttore che si deve sobbarcare un onere economico per un controllo che spetterebbe ad altri enti – precisa Fini – e siamo di fronte al classico esempio di sovrapposizione burocratica nelle imprese agricole dove vengono richiesti dati già disponibili nei catasti viticoli e in possesso della pubblica amministrazione. L’applicazione di questa decreto – conclude Fini – aumenterà i costi produttivi, che nel caso dei viticoltori sono già alti, ovvero mediamente 25 euro per quintale d’uva, quando il mercato attualmente ne riconosce, sempre in media, solo 20”.