Presso la bellissima cornice scenografica del cortile della Rocca dei Boiardo a Scandiano, giovedì 23 luglio alle ore 21.30, il Teatro di Rifredi-Teatro stabile d’innovazione di Firenze terrà la conferenza-spettacolo dal titolo “Ariosto e la nascita della commedia italiana” per le iniziative della rassegna PAB. Parco culturale dell’Ariosto e del Boiardo, progetto della Biennale del Paesaggio-Provincia di Reggio Emilia, quest’anno alla sua terza edizione.
“Ariosto e la nascita della commedia italiana” affronta il tema della nascita o meglio delle difficoltà incontrate al suo nascere da una delle espressioni teatrali più importanti della storia della cultura italiana: la Commedia Erudita, da non confondersi con la Commedia dell’Arte (che da quella deriva), e che vede prestigiosi rappresentanti del calibro di Niccolò Machiavelli, Pietro Aretino, il Cardinale Bibbiena, Giordano Bruno.
Questa conferenza, nata da un progetto di Angelo Savelli (che è anche il relatore), estremamente lineare e sintetica ma largamente esaustiva del tema trattato, è arricchita dall’intervento di tre giovani attori, Andrea Bruno Savelli, Massimo Grigò, Andrea Muzzi, che leggendo e recitando brani esemplificativi delle tematiche affrontate ne rendono più piacevole e più documentata l’esposizione. Dopo aver fissato la definizione del termine “commedia”, si analizza il suo utilizzo strategico nell’opera di Dante Alighieri agli albori della rinascita delle arti e della cultura italiana. E’ questa l’occasione per richiamare i dati salienti della costituzione della nostra lingua nazionale, che trova i suoi fondamenti proprio nella “Comoedia” dantesca e nel parallelo “De vulgaris eloquentia”. Dopo questa necessaria introduzione, la conferenza/spettacolo inizia ad esporre i processi graduali che hanno condotto, in ritardo rispetto agli altri generi, alla nascita del “genere comico” nella storia del teatro italiano. Servendosi di un ampio riferimento al fortunato romanzo “Il nome della rosa” di Umberto Eco, si mette a fuoco la principale causa di questo ritardo, focalizzando l’attenzione sul pregiudizio cristiano-medioevale che assimilava la comicità al diabolico ed all’osceno. Si passa poi a prendere in considerazione alcuni importanti avvenimenti della letteratura nazionale tra il Trecento e il Cinquecento che hanno contribuito in maniera determinante alla caduta di questo pregiudizio, tenendo ben fermo il concetto che questa inibizione valeva soprattutto per la cultura ufficiale, in quanto a livello popolare la comicità non aveva mai smesso di occupare un posto centrale nelle manifestazioni folkloriche e rituali. Si fa dunque riferimento all’importante ruolo svolto dal grande successo popolare del “Decamerone” di Giovanni Boccaccio – e qui, ad esemplificare il carattere teatrale e parodistico della scrittura boccaccesca, si procede ad una lettura drammatizzata di una divertente novella del Decamerone ‘Il Priore di Fiesole’ – e poi alla fortunosa e fortunata riscoperta dei testi del commediografo latino Tito Maccio Plauto, un vero e proprio cavallo di Troia che fa entrare nelle mura austere della cultura umanistica e filologica dell’epoca un modello di comicità e di teatralità solare ed irruento – e qui se ne da una lampante dimostrazione inscenando una sintesi dei primi due divertentissimi atti della commedia plautina più celebrata nel nostro Rinascimento: “I Menecmi”. Punto d’arrivo di questo complesso ed affascinante processo è l’opera di Ludovico Ariosto, il grande poeta ferrarese conosciuto più per il suo geniale poema cavalleresco che per l’altrettanto geniale attività di regista e teatrante. Ed è infatti a lui che si deve la prima commedia scritta in lingua italiana della nostra storia del teatro: “La Cassaria”, in cui vicende boccaccesche e personaggi plautini si fondono in un nuovo ed autonomo stile teatrale. Dopo aver elencato i caratteri che contraddistinguono questa nascente Commedia italiana da altre forme similari (il suo carattere erudito, il suo carattere sensuale, la dimensione non professionistica, la limitazione ai soli uomini, la scena fissa, i cinque atti con prologo ed intermezzi), si procede alla rappresentazione, condensata in venti minuti, de “La Cassaria”, un divertente tour de force di ritmi e travestimenti che, pur nella sintesi, restituisce caratteri e situazioni tipici non solo di quest’opera ma di tutta la commedia italiana del cinquecento.
La durata dello spettacolo-conferenza è di un’ora e mezza circa ed è ad ingresso gratuito, in caso di maltempo si svolgerà presso gli spazi interni della Rocca.