Anche la Cgi Emilia Romagna aderisce alla campagna di sensibilizzazione a sostegno del PDL di iniziativa regionale sulla sanità pubblica e universale e si impegna con tutte le sue strutture confederali e di categoria comprese Federconsumatori, Sunia, Ires, Inca, Auser, Nexus, Caaf ER, nella raccolta firme a suo sostegno.

La raccolta delle firme avverrà nelle prossime settimane nelle diverse iniziative, assemblee, riunioni di organismi dirigenti, nelle quali l’ organizzazione sarà impegnata.

 

Secondo il segretario generale Cgil ER Massimo Bussandri: “l’iniziativa popolare proposta dalla Regione e licenziata nelle settimane scorse ha due contenuti fondamentali, il primo portare il finanziamento della spesa sanitaria progressivamente al 7,5% del Pil e, in secondo luogo, eliminare il tetto di spesa per l’assunzione del personale. Ovviamente è una proposta nata in Emilia-Romagna ma a carattere nazionale. Si tratta di una proposta di legge che sosteniamo e raccoglieremo le firme necessarie per portarla in Parlamento perché quel testo accoglie una parte importante della nostra piattaforma nazionale Cgil sulla sanità e  quello che abbiamo sempre sostenuto in questa Regione. Quindi in realtà noi di questa iniziativa siamo stati precursori e sponsor, ricordo che, tra le altre cose, il 24 giugno la Cgil è andata in piazza per la difesa e il rilancio del SSN”.

La salute è un diritto fondamentale per tutte le persone, che la nostra Costituzione tutela e che lo Stato deve garantire.

Purtroppo le condizioni in cui versa il nostro SSN sono drammatiche. Rispetto alla riforma del 1978, è avvenuto un cambiamento demografico non ancora metabolizzato in modo adeguato: siamo una società invecchiata e che invecchierà ancor di più. Sono anni che lo Stato non investe quanto necessario in termini di risorse finanziarie, professionali, riforme, negli ultimi dieci anni sono stati infatti tagliati 38 miliardi al Sistema Sanitario Nazionale.

L’impatto della pandemia sull’intero sistema aveva aperto la speranza per adeguati investimenti sul servizio sanitario. Così non è avvenuto, quanto meno in misura sufficiente.

È unanimemente riconosciuto che già oggi le differenze inaccettabili nella società, in rapporto a istruzione, condizioni di vita e di lavoro, età e genere portano anche a diseguaglianze di salute. Le persone socialmente più disagiate si ammalano di più ed hanno maggiori difficoltà di accesso tempestivo a servizi di buona qualità.

La fine dell’universalismo peggiorerà ulteriormente le cose.

Oggi serve con urgenza un coordinato insieme di provvedimenti con l’obiettivo di:

– avere più medici, infermieri, personale sanitario e assistenziale per garantire accesso ai servizi, recupero liste d’attesa, riorganizzazione dei servizi territoriali. Personale adeguatamente formato e valorizzato, riconoscendone il ruolo strategico e adeguando salari, diritti, progressioni di carriera;

– rafforzare l’assistenza territoriale per dare concretezza alla presa in cura delle persone, sostegno ai caregiver, integrazione sociale e sanitaria per garantire la domiciliarità. Particolare attenzione va posta alle aree interne, montane e collinari;

– rivedere l’organizzazione della medicina generale e pediatrica di libera scelta e assicurare l’operatività di team multi professionali;

– mettere in sicurezza gli ospedali a partire dai PP.SS e dall’Emergenza-Urgenza;

– fare realmente delle Case della Comunità una sede in grado di semplificare l’accesso ai servizi, un luogo di partecipazione dei cittadini, del volontariato, del terzo settore;

– rafforzare i dipartimenti di salute mentale, prevenzione, sicurezza sui luoghi di lavoro;

– rivedere e innovare anche i percorsi formativi con maggiore collaborazione fra SSN e Università;

– investire in ricerca pubblica e intervenire sul mercato farmaceutico.

I segnali che emergono dalla legge di bilancio di questo Governo vanno in direzione opposta: risorse nettamente insufficienti per servizi sociali e sanitari, l’espansione della flat tax, i condoni e il sostegno all’evasione fiscale.

Ancora più preoccupante il percorso legislativo per introdurre, anche in Sanità, l’Autonomia differenziata. Premessa per una dirompente risposta frastagliata, Regione per Regione, a problemi trasversali che riguardano l’intero sistema sanitario e che da tempo richiedono una risposta unica e nazionale: un altro grimaldello per abbattere l’universalismo e per consolidare le disuguaglianze regionali che caratterizzano da sempre il nostro SSN.