Le precipitazioni recentemente cadute sull’Emilia Romagna hanno ricaricato la falda ipodermica solo in parte, non riuscendo a colmare il deficit rispetto alla media storica 1997-2019: è quanto emerge dalla più recente indagine del Consorzio Canale Emiliano-Romagnolo (C.E.R.), i cui ricercatori, basandosi sulle rilevazioni di Acqua Campus, il laboratorio tecnico-scientifico dell’ente consortile, segnalano un attuale quadro complessivo, ancora nettamente deficitario, con un divario che varia, in relazione alla zona, da -14% a -52%, a causa dell’inerzia dei corpi idrici sotterranei, che risentono ancora della marcata siccità in periodi recenti; ciò, nonostante una sensibile risalita dei livelli d’acqua nei settori occidentali della regione (in particolare nelle aree di pianura di Parma e Piacenza), cui si contrappone però uno stato di evidente carenza nelle zone di Modena, Reggio Emilia e soprattutto Ferrara.
Da ulteriori dati si rileva inoltre uno stato di umidità dei suoli, che raggiunge la “capacità idrica di campo”: si tratta di un indicatore importante, poiché riflette come le recenti precipitazioni abbiano effettivamente consentito di ricaricare le riserve d’acqua superficiali (ad eccezione di alcune aree della Romagna e del Ferrarese), ma siano solo parzialmente percolate nel sottosuolo.
“Il paradosso comune alla condizione di altre regioni settentrionali – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – è che piogge abbondanti, ma non omogeneamente diffuse, non apportano i benefici attesi, perché il terreno, soprattutto se inaridito, è in grado di assorbirne solo una piccola parte; al contempo espongono il territorio ad un aumentato rischio idrogeologico.”
“E’ questa un’ulteriore evidenza della necessità di nuovi invasi e laghetti multifunzionali che, assieme ai bacini di espansione delle piene e ad aree naturali di ricarica, trattengano l’acqua per permetterne la progressiva infiltrazione nel sottosuolo, andando a rimpinguare le falde – insiste Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – E’ anche la dimostrazione di come pratiche agronomiche ritenute idroesigenti, quali le risaie, siano in realtà straordinari strumenti di equilibrio ambientale.”
“I ricercatori di Acqua Campus stanno monitorando lo stato della falda freatica nel territorio regionale anche nei mesi invernali – sottolinea Raffaella Zucaro, Direttrice Generale del Consorzio C.E.R. – poichè è proprio questo il periodo in cui, grazie alle precipitazioni, si costituiscono le riserve d’acqua nel suolo e nel sottosuolo”.
“Le indicazioni emergenti – conclude Nicola Dalmonte, Presidente del Consorzio C.E.R. – assumono valore più rilevante, poiché consentono di proiettarci già da adesso verso una prossima stagione irrigua che, stanti le attuali condizioni, si preannuncia nuovamente complessa, lenita in parte dalla presenza di neve in quota come invece non si registrava lo scorso anno.”