Il nichel è una sostanza carcinogena presente sia nel fumo di sigaretta che nell’inquinamento atmosferico: entrambi fattori che possono indurre lo sviluppo del cancro al polmone, prima causa di morte correlata a tumori a livello globale. Non sono però ancora chiari i meccanismi attraverso i quali il nichel favorisce lo sviluppo di cellule tumorali.
Un importante passo avanti su questo tema arriva ora da un gruppo di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna, che ha studiato un possibile collegamento tra la presenza di nichel e l’azione di una particolare proteina chiamata NDRG1. I risultati ottenuti – pubblicati sulla rivista Biomolecules – identificano quindi un possibile bersaglio per la lotta contro il tumore al polmone, con conseguenze rilevanti per la ricerca farmacologica.
“Bersagliare la proteina NDRG1, che è coinvolta sia nella risposta cellulare al nichel che nella trasformazione tumorale, potrebbe essere una strategia per combattere il cancro al polmone“, spiega Barbara Zambelli, professoressa al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato la ricerca. “Riuscire ad individuare nel dettaglio il ruolo che gioca questa proteina nel processo di cancerogenesi a livello cellulare, molecolare e strutturale è infatti molto importante per mettere a punto farmaci che possano modularne o inibirne l’azione”.
Il nichel è un metallo essenziale per la vita degli organismi unicellulari e delle piante, ma negli animali superiori come i mammiferi è associato allo sviluppo di diverse patologie. Gli effetti tumorali del nichel sui tessuti respiratori nell’uomo sono noti da oltre trent’anni e derivano principalmente dall’assunzione di questa sostanza per via inalatoria, ad esempio attraverso il fumo di sigaretta o per la sua presenza tra le polveri sottili in atmosfera.
“Oggi sappiamo che l’esposizione al nichel inganna le cellule facendole sentire povere di ossigeno, e questo provoca una serie di eventi che, a cascata, favoriscono la trasformazione tumorale”, dice ancora Zambelli. “Inoltre, il nichel provoca tumori anche attraverso la sua capacità di legare alcune proteine, in modo non fisiologico, alterandone la funzione”.
In entrambi i casi tra le proteine coinvolte c’è NDRG1, la cui presenza in quantità elevate è correlata ad una prognosi sfavorevole nei casi di tumore al polmone. Gli studiosi si sono quindi chiesti in che modo questa proteina favorisca la trasformazione tumorale e in che modo la presenza del nichel modifichi le sue funzioni.
“Abbiamo osservato che NDRG1 contiene, nella sua parte terminale, una lunga regione molto flessibile, che definiamo ‘intrinsecamente disordinata‘”, spiega Stefano Ciurli, professore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater, co-coordinatore dello studio. “È questa particolare regione che, in base alle sue caratteristiche peculiari, potrebbe essere direttamente responsabile della funzione specifica della proteina”.
Attraverso una combinazione di tecniche biofisiche e di studi cellulari, gli studiosi hanno infatti dimostrato che il nichel si lega proprio alla specifica porzione terminale della proteina. E con esperimenti di risonanza magnetica nucleare (NMR) sono anche riusciti a mappare il sito di legame sulla sequenza proteica.
“Questi risultati sono un primo fondamentale passo per comprendere, a livello molecolare, l’azione della proteina NDRG1 all’interno della cellula”, conclude Zambelli. “Si tratta di risposte che possono aiutarci a capire il ruolo del nichel nel processo tumorale e possono quindi favorire lo sviluppo di strumenti farmacologici efficaci”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Biomolecules con il titolo “The Ni(II)-Binding Activity of the Intrinsically Disordered Region of Human NDRG1, a Protein Involved in Cancer Development”. Realizzata da un gruppo del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, co-coordinato da Stefano Ciurli e Barbara Zambelli, in collaborazione con Vittoria Cenni dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Bologna e Mario Piccioli dell’Università di Firenze, la ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Carisbo e ha beneficiato dell’accesso alla strumentazione NMR grazie a INSTRUCT, una piattaforma europea di infrastrutture per la ricerca.