Il 14 marzo scorso Confcommercio-Imprese per l’Italia è stata ascoltata in audizione alla Camera dei Deputati sul così detto Decreto Energia. E’ stata l’occasione per definire alcuni scenari che riguardano l’anno in corso partendo dall’eredità dell’anno precedente.
Il 2021 si è chiuso con un risultato brillante per l’economia italiana, testimoniato da una variazione del PIL del 6,6% rispetto all’anno precedente. Sebbene sia in larga parte conseguenza di un effetto statistico di confronto con una base gravemente erosa dalla pandemia, una quota di tale crescita è senz’altro dovuta alla grande vitalità del tessuto produttivo. Una quota ulteriore – residuale, ma non irrilevante – va attribuita al funzionamento delle misure di sostegno a famiglie e imprese messe in campo durante i periodi peggiori della recessione.
In questo contesto, un elemento di particolare debolezza caratterizza la nostra economia e l’affligge dentro i pericoli delle rinnovate tensioni inflazionistiche: l’eterogeneità delle performance settoriali. Infatti, se nel complesso il PIL reale risulta nel 2021 distante di meno di tre punti percentuali rispetto ai livelli pre-pandemici, ai consumi sul territorio mancano, invece, più di sei punti.
Difficile dire come la crisi russo-ucraina influenzerà il ciclo economico dell’anno in corso, poiché dipenderà naturalmente dal suo protrarsi nel tempo. Riguardo alla situazione italiana, a dispetto di un trascinamento sicuramente positivo dal 2021 di circa il 2,3%, c’è il rischio che l’andamento del ciclo, per i fattori citati, risulti di modesta entità se non prossimo allo zero, portando così a un sostanziale dimezzamento della prospettiva di crescita rispetto alla previsione del Governo, che dovrà certamente, nel prossimo DEF, delineare un quadro macroeconomico programmatico più realistico.
Pure adottando una prospettiva favorevole di miglioramento graduale, ma significativo, sia delle tensioni sulle materie prime energetiche, sia, più in generale, sul piano geo-politico ed economico, ed escludendo impatti negativi di rilievo dell’attuale conflitto sulla fiducia di famiglie e imprese, per valutare le prospettive per il 2022 bisogna considerare che è ampiamente prevedibile una riduzione congiunturale del prodotto lordo nel primo quarto dell’anno. Il che comporterebbe una collocazione della crescita più prossima al 3,5% che al 4%. Alcuni analisti appaiono già più pessimisti rispetto a tali valutazioni.
Nel dettaglio, i nostri dati sull’impatto dei prezzi dell’energia per le imprese del terziario di mercato in Italia si fondano su tre diversi scenari, distinti in relazione al possibile evolversi della crisi russo-ucraina. Primo scenario: nel caso di stabilizzazione dell’attuale situazione, con un prolungarsi della guerra, ma senza interruzione delle esportazioni di gas, la spesa per queste imprese sarebbe pari a 19,9 miliardi di euro, 8,6 in più rispetto a quanto stimato per il 2021. Questo scenario è basato sulla stabilizzazione dei prezzi e delle tariffe sui valori già raggiunti ad inizio 2022, con i pesanti adeguamenti delle bollette già decisi a fine dicembre 2021. Secondo scenario: nel caso di interruzioni delle esportazioni di gas dalla Russia, o per danni bellici, o per sanzioni economiche, i prezzi sui mercati internazionali avrebbero aumenti molto più marcati con riflessi sulle tariffe del gas e dell’elettricità che salirebbero almeno del 50%. Ciò farebbe schizzare la bolletta energetica delle imprese a 29,9 miliardi di euro, quasi tre volte il livello del 2021 e 10 miliardi di euro in più rispetto al già alto esborso stimato per il primo scenario. Terzo scenario: nel caso di auspicabile rientro dello scontro bellico e con un accordo duraturo di cessate il fuoco, i prezzi scenderebbero in maniera significativa, di almeno il 40%, e ciò porterebbe la spesa del settore di nuovo verso valori più normali, non distanti da quelli del 2021, intorno ai 12 miliardi di euro (8 miliardi di euro in meno rispetto a quanto stimato per il 2022 in caso rimanessero gli alti prezzi di inizio anno).
Analoghe tensioni potranno riverberarsi nel settore dei carburanti, i cui rincari, già oggi, stanno profondamente colpendo la funzionalità della filiera dei trasporti e della logistica, a cominciare dall’autotrasporto. Primo scenario: con una stabilizzazione dell’attuale situazione, la spesa annua complessiva dell’autotrasporto per il gasolio aumenterebbe, rispetto al 2021, di 7 miliardi di euro, con un maggior onere per ciascun veicolo pesante in media di circa 13.000 euro. Secondo scenario: nel caso di interruzioni delle esportazioni russe, o per danni bellici o sanzioni economiche, con prevedibili quotazioni del gasolio alla pompa prossime a 2,5 euro per litro, si può stimare che il conseguente incremento di spesa annua per l’autotrasporto nel 2022, rispetto al 2021, raggiungerebbe 21 miliardi di euro, con un maggior onere unitario, per ciascun veicolo pesante, nell’ordine di 42.000 euro. Terzo scenario: con un accordo duraturo di cessate il fuoco, è possibile prevedere che le tensioni finora accumulate nei mercati dei carburanti possano rientrare, consentendo alla spesa per gasolio dell’autotrasporto nel 2022 di rimanere sostanzialmente invariata rispetto al 2021.
Quale che sia lo scenario, si tratta, per tutti questi settori, di aumenti insostenibili che, se non sterilizzati, sono destinati a incidere sull’inflazione e a indebolire, conseguentemente, la dinamica dei consumi e le prospettive di crescita economica.
Tutto ciò premesso, Confcommercio ha lanciato più volte un grido d’allarme sottolineando che le nostre imprese pagano un costo più alto rispetto a quello di Francia e Germania e che con la guerra la bolletta potrebbe essere più salata di oltre il 160%. Occorrono scelte europee tempestive e adeguate alla portata delle sfide in campo. È necessario, cioè, che l’Europa proceda speditamente in direzione di una compiuta e comune politica energetica, servono misure realmente incisive anche attraverso il ricorso allo scostamento di bilancio e occorre introdurre un contributo straordinario sotto forma di credito d’imposta contro i gravi effetti del caro carburanti. Andrebbero, poi, rafforzati gli interventi previsti dal decreto, affiancando a una sterilizzazione degli incrementi dell’Iva, misure più specifiche: l’introduzione di un credito d’imposta per compensare l’aumento del prezzo industriale del gasolio e l’estensione al metano per autotrazione dell’Iva ridotta al 5%. Bisogna affrontare e risolvere alla radice e in modo strutturale il tema della dipendenza dalle forniture estere. Occorre infine un credito d’imposta per indennizzare le imprese più fortemente colpite, anche nel terziario, dal caro bollette: la filiera del turismo, i pubblici esercizi, il settore alimentare, il settore dei trasporti e della logistica e, più in generale, le superfici di vendita e dei servizi caratterizzate da forte incidenza dei consumi di energia.
Infine a livello locale un primo segnale da dare sarebbe la gratuità estesa fino alla fine dell’anno della tassa di occupazione del suolo pubblico.