foto: Italpress

In questi giorni di confusione per tutte le nuove regole Covid e contagi, vogliamo ritornare su un argomento che ci sta molto a cuore la sorte che tante donne, madri come noi in altri luoghi, stanno passando.

Quando pensiamo alle donne Afgane, ci vengono alla mente tante immagini: povertà ,negazione dei diritti primari, negazione della scuola, della salute, dello sport, della cultura, persino della musica, del lavoro, tutto il lavoro tranne quello domestico e negli ospedali, il divieto di ritrovarsi con amici e amiche in un bar,  di rivestire il ruolo di insegnante, di sportiva, di giudice, di magistrata.

Quindi le donne non possono più difendere le donne. Con tanta fatica, giorno per giorno le bambine afgane  20 anni fa  avevano iniziato a ritornare a scuola,  negli ospedali, negli uffici, nelle farmacie, nei tribunali, passo dopo passo divenute donne stavano creando un mondo nuovo. Credevano di essere uscite dal buio in cui erano restate oltre 30 anni, ma la partenza degli americani dalla regione ha lasciato un vuoto immediatamente occupato dai talebani, di tutto il medio oriente fra i gruppi estremisti uno dei più chiusi  ai valori della Carta dei diritti dell’ONU.

La povera MAJHUBIN HAKIMI, è STATA DECAPITATA, perché GIOCAVA A PALLAVOLO E SI ALLENAVA  PER  RIUSCIRE  AD  AFFERMARE I SUOI DIRITTI, SAPEVA GIOCARE E SPESSO GIOCAVA ANCHE CON I MASCHI IN ALLENAMENTO.

Ha incontrato un talebano lungo la sua strada, la strada delle piccole e grandi libertà, come fare volare il vento  tra i capelli, potersi truccare le labbra e gli occhi, cantare all’aperto.

Poi è stata la volta della povera Zahira uccisa anche lei dai talebani perché portava i Jeans.

Frozan Safi chiedeva i diritti per se, per gli avvocati , per i giornalisti, per le autorità civili,  per poter avere libertà per le ragazze e per se stessa. Lei  è stata uccisa per prima  e poi chissà quante altre che non conosciamo saranno  state picchiate e torturate, come  le  tre ragazze che sono morte con Frozan. Le donne che con coraggio ancora manifestano per essere ascoltate dal mondo politico  afgano  vengono picchiate con bastoni  elettrici. E’ stata decapitata una ragazza  rea di dire  la verità sulle azioni dei talebani nei loro confronti.

Per noi Associazioni di volontariato che lavoriamo nel sociale a supporto delle ONG è inconcepibile tornare indietro sui diritti che abbiamo aiutato a conquistare.

Noi vorremmo poter fare di più ma crediamo che anche uscire dalla maggioranza silenziosa, uscire dall’indifferenza alzando le nostre voci di protesta e di ripudio farà sì che l’isolamento delle donne afgane sia meno forte e forse l’opinione pubblica potrà incidere, attraverso i Governi, sulla loro disumana condizione proteggendole dalla violenza.

(Circolo Culturale Artemisia Gentileschi Aps)