Nel 2021 il progressivo diffondersi nei Paesi sviluppati dei vaccini anti Sars-Cov-2 ha permesso, nel corso dei mesi, il consolidarsi di una robusta ripresa economica accompagnata da un altrettanto notevole aumento della domanda aggregata.

Come segnala un approfondimento di Unioncamere Emilia-Romagna nell’ambito del Rapporto economico realizzato in collaborazione con la Regione, le catene internazionali di fornitura, che durante le prime tre ondate pandemiche avevano subito un vistoso calo della domanda, e un ancor più vistoso calo degli investimenti, stanno faticando a reggere il ritmo di crescita della richiesta.

In particolare, sembrano essersi prodotte nel tempo delle strozzature che hanno portato a un vistoso aumento – per ora vissuto come transitorio – delle quotazioni delle merci, specie energetiche, e dei semilavorati portando anche ad alcuni problemi di approvvigionamento.

Analizzando i dati relativi al terzo trimestre 2021, per quel che riguarda la manifattura regionale, costruzioni incluse, si ha che solo il 18,6 per cento delle imprese che si sono espresse sul tema hanno escluso di aver subito un aumento del prezzo delle materie prime mentre oltre l’81 per cento riferisce di aver subito un aumento, più o meno intenso, di queste quotazioni. Il settore più colpito è quello della metalmeccanica (34 per cento delle imprese interessate dagli aumenti) mentre quello meno colpito è quello delle industrie alimentari (10,1 per cento delle imprese coinvolto).

Per quanto concerne gli approvvigionamenti di semilavorati, due terzi delle imprese hanno registrato un aumento dei prezzi, percentuale che raggiunge il suo massimo nel settore della metalmeccanica (quasi il 75 per cento) ed il suo minimo (48,8 per cento) nel caso delle industrie della moda. Anche nel caso dei semilavorati, diverse imprese hanno riportato problemi di approvvigionamento (da ritardi nelle consegne ad interruzioni delle forniture), anche se la loro incidenza (25,7 per cento) è inferiore a quella relativa alle materie prime (28,4 per cento). In termini settoriali, le imprese maggiormente colpite paiono essere quelle della metalmeccanica (25,2 per cento) mentre l’alimentare si conferma il settore meno colpito anche in questo caso (11,8 per cento).

Relativamente alle imprese del commercio, è possibile notare – come prima cosa – che l’incidenza delle imprese che riferiscono di aver subito un aumento dei costi delle materie prime è più contenuta che non per le imprese della manifattura. Infatti, mediamente, hanno registrato aumenti del costo delle materie prime il 41,8 per cento delle imprese del commercio contro l’81,4 per cento delle imprese della manifattura. Va poi notato anche che, sempre in media, le imprese del commercio hanno segnalato aumenti inferiori visto che la classe di aumenti registrata con maggior frequenza è quella di magnitudo inferiore (aumenti fino al 2 per cento). È verosimile che gli aumenti stiano manifestando i propri effetti, come prima cosa, nei confronti delle imprese manifatturiere e, solo in un secondo momento, verso le imprese del settore commerciale.

In termini di specializzazione merceologica, va sottolineato come non tutti i comparti del commercio siano interessati allo stesso modo dall’aumento del costo delle materie prime. A fronte del fatto che quasi i 2/3 delle imprese che commercializzano prodotti per la casa ed elettrodomestici hanno risentito dell’aumento dei prezzi, la percentuale si riduce ad 1/3 circa per le imprese attive nella commercializzazione di abbigliamento ed accessori.

La dimensione d’impresa pare essere rilevante nell’analisi di questo fenomeno. In particolare, la percentuale delle imprese che riportano un aumento dei prezzi delle materie prime passa dal 42,5 per cento delle imprese fino a 5 addetti al 28,6 per cento delle imprese con 20 addetti ed oltre.

 

Il Rapporto sull’economia regionale 2021 può essere consultato su: https://www.ucer.camcom.it/studi-ricerche/news/studi-e-ricerche-news-2021/2021-rapporto-economia-regionale