Unimore, l’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena ed il Centro Digital Humanities di Unimore riportano alla luce, grazie al progetto “Le cause dell’evoluzione”, la teoria dell’evoluzione, definita Ologenesi, di Daniele Rosa, zoologo dei primi del Novecento.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la teoria dell’evoluzione di Charles Darwin fu al centro di un diffuso dibattito in merito alle cause dell’evoluzione. L’idea di evoluzione dei viventi era stata, infatti, ampiamente accettata negli ambienti scientifici, ma non tutti i naturalisti ritenevano che la selezione naturale e le mutazioni casuali ne fossero le cause principali.
Numerosi naturalisti italiani presero parte a questo dibattito e tra questi vi fu il naturalista e zoologo Daniele Rosa (1857-1944), che arrivò a proporre una propria teoria dell’evoluzione, definita ologenesi. Nella proposta di Rosa le specie evolvevano per cause interne agli organismi e la selezione naturale semplicemente eliminava le forme viventi non adattate all’ambiente.
La proposta di Rosa, sebbene vista con grande interesse in particolare da importanti antropologi, risultò purtroppo errata. Alcune intuizioni presenti nell’Ologenesi sono però ancora presenti nella biologia evoluzionistica moderna, come ad esempio la natura dicotomica dell’evoluzione, che diverrà parte della sistematica filogenetica (detta anche cladistica). Daniele Rosa fu, inoltre, l’entusiasta traduttore italiano delle opere principali di Ernst Haeckel, il più influente evoluzionista di quel periodo.
Il progetto Le cause dell’evoluzione (http://www.morebooks.unimore.it/), realizzato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dall’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena, permette di ricostruire il lavoro di Daniele Rosa non solo rileggendone le pubblicazioni scientifiche, ma anche rendendo accessibile il suo ricco carteggio, rimasto inedito sino ad oggi e disponibile ora in formato digitale.
Rileggere oggi il lavoro di questo scienziato permette non solo di comprenderne appieno il lavoro, ma anche di toccare con mano le numerose interazioni che Rosa seppe costruire e mantenere sia con i propri allievi, che con numerosi e importanti naturalisti e intellettuali del suo tempo (tra cui Haeckel, Emery, Ghigi, Lessona e Montadon) in una fase storica, la prima metà del Novecento, di grandi cambiamenti culturali, economici e sociali.
“Rileggere oggi il lavoro di Rosa – spiega il prof. Mauro Mandrioli, responsabile del progetto – è interessante perché ci mostra come nasce ed evolve una teoria scientifica. Il fatto che gli scienziati non siano sempre d’accordo sul modo in cui i dati disponibili devono essere interpretati (aspetto oggetto di ampia discussione in questa fase di pandemia globale) è parte del processo che genera le nostre conoscenze. Il segreto del successo della scienza risiede nella diversità delle posizioni che si confrontano, nella differenza dei contributi: abbiamo più probabilità di successo se affrontiamo un problema da più punti di vista, perché questo approccio ci permette di andare oltre l’esperienza del singolo punto di vista, inclusa la posizione del singolo scienziato. Rileggere oggi Rosa è quindi un modo per ricostruire il processo con cui la scienza funziona”.
“Il progetto – spiega il prof. Matteo Al Kalak, Direttore del Centro Interdipartimentale sulle Digital Humanities (DHMore) di Unimore – è un esempio dell’importanza che le digital humanities hanno nel rendere fruibile l’enorme patrimonio presente negli archivi di Università e Accademie e nel favorire le analisi storiche anche nelle scienze della vita. DHMore è nato espressamente come centro di ricerca con una forte vocazione interdisciplinare che ne caratterizza ogni progettualità”.
“Il progetto “Le cause dell’evoluzione” – aggiunge il prof. Salvatore Puliatti, Presidente dell’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti di Modena – è parte delle tante attività che l’Accademia Nazionale di Scienze, Lettere e Arti sta realizzando, nonostante le difficoltà del momento presente, per valorizzare l’enorme patrimonio che è conservato nella Biblioteca dell’Accademia, che conta più di 150.000 volumi. Questo progetto mostra l’importanza che Accademie e Archivi hanno come presidio della memoria, luoghi di conservazione del sapere e di promozione delle conoscenze. E’ infatti grazie all’imponente patrimonio librario di carattere scientifico, storiografico, giuridico e musicale, che copre un ampio arco temporale che va dal XV secolo ad oggi, che l’Accademia Nazionale assolve a un ruolo di primo piano nel contesto culturale e contribuisce in modo rilevante non solo alla funzione di custodia e conservazione dei fondi posseduti, da sempre prezioso deposito per studi e ricerche, ma all’altrettanto imprescindibile compito di divulgazione, (attraverso l’attività di catalogazione, digitalizzazione e consultazione) e progresso delle ricerche. Allo sviluppo di queste feconde sinergie tra depositi del sapere e sviluppo delle conoscenze l’Accademia contribuisce con attività costante e attenzione crescente, sicura di poter svolgere un ruolo centrale nella promozione del sapere fornendo gli strumenti indispensabili per ricerche come quella che qui si presenta”.
“Grazie a questo studio – conclude il prof. Mandrioli – è stato possibile anche recuperare i campioni che Rosa ha depositato nel Museo di Zoologia del nostro Ateneo e di cui si era persa traccia da molti decenni. Questi campioni erano diventati in un certo senso muti, poiché si era persa la memoria della loro origine. Oggi hanno finalmente recuperato la propria storia che questo progetto continuerà a narrare, valorizzare e tramandare”.
MAURO MANDRIOLI
È Professore Associato in Genetica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, dove da oltre vent’anni si occupa dello studio delle basi molecolari dell’evoluzione biologica con particolare riferimento all’epigenetica e alla simbiosi in modelli animali.
Dopo essersi laureato in Scienze Biologiche e avere conseguito il Dottorato di Ricerca in Biologia Animale a Modena, dal 2001 lavora e insegna presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, per cui ha ricoperto prima il ruolo di ricercatore (sino al 2010) e poi quello di Professore Associato. Ha pubblicato oltre 160 articoli scientifici su riviste e libri nazionali e internazionali. Relatore sia a congressi scientifici, che in conferenze rivolte ad un pubblico non specialistico nell’ambito di festival, caffè scienza ed eventi divulgativi nelle scuole. È afferente sia al Centro Interdipartimentale sulle Digital Humanities che al Centro per la Storia delle Idee dell’Università di Modena e Reggio Emilia.