La seconda interrogazione discussa nel corso del Consiglio Comunale di ieri sera è stata presentata dal capogruppo del Partito Democratico Maria Savigni, ad oggetto “Contributi per attività economiche colpite dall’emergenza sanitaria”.
“Premesso che il giorno 7 giugno – si legge nell’interrogazione – è stata pubblicata la determina dirigenziale con cui si approvava la graduatoria per l’assegnazione dei contributi previsti dal fondo, di complessivi 120.000 €, destinato alle imprese sassolesi maggiormente colpite dallo stato di emergenza sanitaria causata da Covid-19; premesso inoltre che l’Amministrazione ha ritenuto opportuno concentrare le risorse economiche di sostegno “su un numero ristretto di imprese al fine di garantire una sufficiente incidenza dell’aiuto economico in modo da poter incidere sulle loro dinamiche economiche ed evitare una distribuzione di contributi di scarsa entità”; si interrogano il Sindaco e la Giunta per sapere se, in considerazione del fatto che non sono erogabili tutti i fondi stanziati, l’Amministrazione non ritenga di aver utilizzato dei criteri troppo restrittivi o non abbia definito degli importi troppo poco appetibili, a fronte delle gravi difficoltà attraversate dalle categorie suddette”.
Ha risposto all’interrogazione l’’Assessore al Commercio del Comune di Sassuolo Massimo Malagoli.
“In riferimento all’interrogazione è doverosa una articolata premessa che penso possa essere utile a capire meglio la scelta di questa amministrazione sui criteri adottati per la distribuzione dei predetti contributi. Oltre a ciò va detto che la scelta compiuta è stata valutata e decisa in concertazione con le Associazioni di categoria: Confcommercio, Confesercenti, CNA e Lapam che ringrazio ancora per l’indispensabile lavoro profuso in merito anche alla raccolta dei dati che hanno permesso un’analisi approfondita della questione. La somma messa a disposizione dalla ragioneria per l’assegnazione dei contributi è stata, come da voi sottolineato, €120,000.
Sul territorio sassolese insistono oltre 4.000 partite iva composte per lo più da ditte individuali o piccole e medie imprese.
Ora le domande che ci siamo posti nel rendere la distribuzione di questi fondi più equa e puntuale possibili sono state tante:
1) Assegniamo tale cifra a pioggia (poco a tutti) oppure si individuano un numero limitato di aziende maggiormente colpite cercando quindi di dare un contributo decisamente più sostanzioso e incisivo?
2) Quali criteri possiamo utilizzare?
3) Quali e quante sono le aziende maggiormente colpite sul nostro territorio?
4) Esistono Aziende che non hanno percepito ristori dallo stato?
5) Esistono aziende che oltre al Covid-19 sono state maggiormente penalizzate per altri motivi?
Se da un lato i criteri sono stati dettati sia dalle linee guida del Governo tramite i bandi “Ristori Nazionali”, sia da un confronto serrato con gli altri Comuni del Distretto; per gli altri punti sono stati indispensabili il confronto e l’analisi dei dati raccolti dalle Associazioni di categoria del nostro territorio e dalla Camera di Commercio.
Per esempio dai dati è emerso che:
– la perdita media del fatturato sul nostro territorio tra l’anno 2019 e 2020 è di oltre il 16%
– Percentuale di perdita fatturato:
– che le aziende maggiormente colpite sono state quelle del commercio al dettaglio (Ateco 47), servizi di alloggio e ristorazione (Ateco 55 e 56), servizi alla persona e artigianato di servizio (Ateco 79, 95, 96), agenti di commercio (Ateco 46.1), taxisti (Ateco 49.32.10);
– sono circa 1.000 il numero di aziende rientranti nei codici Ateco maggiormente colpiti di cui sopra
– che le aziende di nuova costituzione non hanno ricevuto ristori govenativi e che le nuove imprese iscritte alla Camera di Commercio – codici ateco 47, 55, 56, 79, 95, 96 – sono n.54 per gli anni 2019-2020
Questi sono solo alcuni dei dati portati ad esempio emersi dallo studio da noi effettuato ma significativi per poter dare l’idea dell’entità del problema.
Ora la prima scelta che è stata fatta è stata quella di concentrare le risorse economiche messe a disposizione per un numero di aziende abbastanza limitato in modo tale da rendere il contributo quantomeno un po’ più sostanzioso, in quanto se tale somma fosse stata data a pioggia senza nessun criterio, sarebbero stati distribuiti più o meno €30 ad azienda.
Partendo quindi dal presupposto di destinare i fondi a disposizione ad un numero limitato di aziende maggiormente colpite dalla crisi legata al Covid-19, così da poter ridistribuire una somma abbastanza significativa, si è andato a delineare un bando nel quale abbiamo cercato di inserire anche quelle aziende non rientranti nei bandi Ministeriali: infatti dei €120.0000 a disposizione, 10.000 € sono riservati alle Nuove Imprese (costituite dopo il 31.12.2018); 10.000 € sono riservati alle Imprese con sede operativa in piazza Martiri Partigiani; 10.000 € sono riservati alle Imprese che non hanno ricevuto altri contributi collegati all’emergenza Covid-19 (Ristori) da parte di: Stato, Regione, Provincia, Comune, CCIAA, Inps, Inail, Agenzia delle Entrate.
Ora entrando nel merito dell’interrogazione in particolare rispondendo alla parte finale della domanda , se gli importi previsti non fossero poco appetibili da scoraggiare le richieste, mi sentirei di rispondere che abbiamo fatto il possibile per rendere, con la somma a nostra disposizione, una cifra equa e sostanziosa per le imprese.
Certo se avessimo avuto a disposizione una cifra più sostanziosa allora le considerazioni sui criteri sarebbero cambiate, ma con 4.000 partite iva e una somma non proporzionata alla portata produttiva del nostro territorio, diventa tutto più complicato.
Oltre a ciò non riesco a capire come un’impresa in difficoltà, siccome avremmo proposto un contributo basso, decida di non partecipare perchè è troppo basso.
Mi spiace, ma immaginare che qualcuno possa rifiutare un incentivo anche se ritenuto insignificante (stante che il procedimento per la richiesta del contributo comportava la compilazione di un modulo sostanzialmente a crocette, l’apposizione di una firma e l’invio via PEC; tempo stimato mezz’ora di lavoro, compresa la telefonata a chi tiene la contabilità per leggere i dati della dichiarazione IVA 2019 e 2020; e le nuove imprese non avevano nemmeno bisogno di fare quelle telefonata), non rientra tra le mie capacità di comprensione.
In realtà il contributo non è a mio avviso insignificante. La scelta che abbiamo compiuto in concertazione con le Associazioni di categoria Confcommercio, Confesercenti, CNA e Lapam, era tesa ad intervenire in modo significativo, in rapporto ai fondi disponibili, sulle imprese in difficoltà per la crisi collegata alla pandemia. Criteri che sono stati condivisi con gli altri Comuni del distretto ceramico.
Infatti, sono prevenute n. 108 richieste, di cui: 27 da parte di nuove imprese, 67 da parte di altre imprese, 14 da imprese che, per diverse motivazioni, non avevano i titoli per presentare la richiesta di contributo.
Complessivamente sono stati assegnati 108.250 € di contributi.
A tutte le nuove imprese sono stati assegnati 250 € di contributo.
Alle altre imprese in graduatoria sono stati assegnati 1.500 € di contributi ciascuna.
Tre imprese con sede in piazza Martiri Partigiani hanno ottenuto altri 250 € di contributo, così come l’unica impresa che non aveva avuto altre sovvenzioni in base al registro nazionale degli aiuti di stato.
Sono in corso i procedimenti di liquidazione, mandati di pagamento e predisposizione dei bonifici, che si dovrebbero concludere entro metà luglio.
Alla fine, quindi, le imprese hanno avuto 1.500 € di contributo.
Nella domanda, la consigliera Savigni e il consigliere Pistoni insinuano che è poco.
Proviamo a fare due conti.
Un’impresa con 30 mila euro di fatturato nel 2019 che abbia avuto un calo del 33% nel 2020 (soglia minima per accedere), in valore assoluto ha avuto una riduzione di 9.900 euro. Il contributo ha coperto il 15% della riduzione. E’ poco? Sicuramente per livelli di fatturato superiore ha un’incidenza inferiore, ma garantire un copertura del 15% del calo di fatturato non mi sembra in casi come quello descritto, un intervento insignificante.
Se invece la domanda della consigliera Savigni e del consigliere Pistoni fosse stata: vi aspettavate un numero superiore di richieste? La risposta sarebbe stata sì. Avevamo stimato di poter ricevere almeno altre 13 domande da parte delle nuove imprese e almeno altre 8 domande da parte delle altre imprese, ma avrebbero potuto arrivarne anche un altro centinaio (secondo le stime).
Ci possono essere diversi motivi per cui queste domande non sono arrivate:
le imprese hanno ritenuto: poco incentivante la somma, complesso l’iter di presentazione; oppure le nostre stime erano errate.
Sulle prime due possibilità ho già fatto le mie considerazioni. Effettivamente ci potrebbero essere stati errori nelle stime: abbiamo lavorato incrociando i dati della Camera di Commercio con quelli aggregati di analisi dell’andamento dei volumi di affari forniti dalle Associazioni di categoria e il rischio di errore integrando tra loro diverse fonti d’informazione è dietro l’angolo.
Restando, però, sulle nuove imprese (in cui i dati sono esclusivamente di fonte camerale, in quanto l’accesso all’incentivo non era collegato al dato di fatturato), sono mancate all’appello almeno 13 imprese.
Per loro l’iter era ancora più semplificato: alcune crocette e la firma per ottenere 250 euro di contributo, anche se al limite potevano avere fatturato solo 250 euro fino a quel momento. Però almeno 13 imprese non hanno fatto richiesta.
Forse non lo sapevano?
Oltre alla copertura mediatica, si sono mosse le Associazioni di categoria e circa una decina di commercialisti si sono rivolti agli uffici comunali per le informazioni. Quindi, anche l’ipotesi della carenza informativa non sembra convincente.
Però dai dati raccolti dai nostri uffici, emerge purtroppo un’altra situazione.
Molte imprese hanno debiti con Inps e Inail e con l’Amministrazione comunale.
E’ vero che il bando consentiva forme di compensazione e dava un congruo tempo per sanare la situazione.
Però il modulo di richiesta, pur nella sua semplicità di compilazione, rappresenta una sorta di “autodenuncia” di situazioni debitorie nei confronti della Pubblica Amministrazione che, probabilmente, molti imprenditori non si sono sentiti di sottoscrivere.
Un segnale di questo genere l’avevamo ricevuto nei numerosi incontri con le Associazioni di categoria, ma non avevamo pensato che fosse così diffuso.
Nel nuovo bando, che è in fase di studio, cercheremo di tenere conto delle criticità emerse in questo primo bando, ma i vincoli legislativi inerenti al DURC resteranno comunque chiari e stringenti”.