Modena è al quarto posto in Emilia-Romagna nella classifica dei premi di risultato, cioè quella quota di salario ottenuta attraverso la contrattazione aziendale.
Con un premio pro capite di 1.110,39 euro percepito nel 2019, i lavoratori modenesi sono preceduti da quelli bolognesi (1.244,45 euro), ferraresi (1.217,05 euro) e parmensi (1.136,88). Il premio di risultato erogato a Modena è comunque superiore a quello medio regionale (1.021,57 euro).
I dati emergono da un’indagine del Caf (Centro assistenza fiscale) Cisl Emilia-Romagna, che ha analizzato 142.629 dichiarazioni dei redditi presentate l’anno scorso con il modello 730 presso le sue sedi provinciali (Modena compresa).
«La cosiddetta “contrattazione decentrata o di secondo livello” è uno strumento per alzare il reddito dei lavoratori dipendenti, rafforzare la partecipazione, aumentare la produttività e la qualità del lavoro – spiega il segretario generale della Cisl Emilia Centrale William Ballotta – Il problema è che questi contratti, che migliorano i contratti collettivi nazionali, non raggiungono in modo adeguato l’intera platea dei lavoratori. A Modena l’anno scorso anno sono stati 4.807 i lavoratori dipendenti (pari al 21,58%) che hanno dichiarato al nostro Caf importi da premio di risultato (con tassazione agevolata), mentre la media regionale è del 24,14%».
Stando ai dati Caf Cisl Emilia-Romagna, la contrattazione di secondo livello è più diffusa a Forlì-Cesena (35,31% dei lavoratori campione), Ravenna (30,03%), Parma (25,12%) e Bologna (24,77%). Le differenze territoriali si spiegano con il diverso grado di parcellizzazione del tessuto imprenditoriale: la contrattazione aziendale è più diffusa dove ci sono aziende medio-grandi (sopra i 50 dipendenti).
«A Modena la stragrande maggioranza delle imprese è di piccole o piccolissime dimensioni (sotto i dieci dipendenti) e il sindacato non può fare contrattazione aziendale – ammette Ballotta – Quando è possibile, allora, cerchiamo di fare contrattazione territoriale e/o di distretto. L’obiettivo è sempre lo stesso: aumentare i salari».
A proposito di contrattazione di secondo livello è interessante notare l’aumento dei lavoratori dipendenti modenesi che scelgono di “welfarizzare” il salario integrativo, cioè di trasformarlo in permessi, congedi, forme di orario flessibile, mense, borse studio, assistenza e altri strumenti a supporto delle famiglie. L’indagine del Caf Cisl Emilia-Romagna ci dice che nel 2018 erano stati 469 (pari al 2,05%), mentre nel 2019 sono saliti a 504 (2,26%).
«Sono numeri ancora piccoli, ma indicano una tendenza che noi del sindacato incoraggiamo. La contrattazione sindacale nelle aziende si occupa di welfare perché – spiega Ballotta – consideriamo i lavoratori non solo come produttori di beni e servizi, ma come persone che esprimono dei bisogni anche fuori dal luogo di lavoro e in famiglia.
Il contratto può essere uno strumento in più per offrire alcune risposte a questi bisogni. Infatti il welfare contrattuale, che tra l’altro è a tassazione zero, non ha solo un valore economico (nel 2019 a Modena è stato di 905,61 euro pro capite), ma anche e soprattutto un valore sociale perché – conclude il segretario generale della Cisl Emilia Centrale – può migliorare sensibilmente la qualità della vita delle persone, dentro e fuori il luogo di lavoro».