Mimmo Paladino sarà laureato ad honorem dell’Università di BolognaÈ in programma per venerdì 14 maggio, alle 16.30, presso il Teatro Comunale di Bologna e in diretta streaming, la cerimonia di conferimento della Laurea ad Honorem a Mimmo Paladino, uno degli artisti visivi italiani più noti al mondo. La celebrazione si inserisce anche nell’ambito di DAMS50, il cartellone promosso dal Dipartimento delle Arti per festeggiare i 50 anni del Dipartimento, realizzato con il supporto dell’Università, della Regione Emilia-Romagna e del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, in collaborazione con il Comune di Bologna.

Alla laurea seguirà, sempre al Teatro Comunale, la proiezione del suo film dedicato al capolavoro di Cervantes, “Quijote”, dove recita un altro illustre bolognese, Lucio Dalla, anche lui laureato ad honorem dell’Alma Mater.

Come si legge nel documento con le motivazioni espresse dal Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater, si vuole conferire la Laurea ad Honorem in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo – DAMS a Mimmo Paladino perché, nella sua cinquantennale carriera, ha privilegiato l’utilizzo di tecniche artistiche tradizionali come disegno, pittura, scultura, mosaico e incisione, ma ha spesso sperimentato con la loro convergenza o contaminandole con altre forme espressive quali il teatro, la musica e il cinema.

Come preludio alla Laurea ad Honorem, inoltre, sarà inaugurata in Salaborsa (Piazza Nettuno), sabato 8 maggio (opening su prenotazione fino a esaurimento posti su dams50.it, ore 18), una mostra dedicata a Mimmo Paladino (aperta fino al 6 giugno) con oltre duecento disegni dell’artista ispirati alla grande letteratura universale, tra cui Cervantes, Collodi, Dante, Omero, Lévi-Strauss e Manzoni. Paladino, infatti, nutre da tempo uno speciale rapporto con la poesia e con la letteratura antica e moderna.

Mimmo Paladino ha realizzato scenografie per opere teatrali di registi come Mario Martone. Al 1999 risale I Dormient, presso la Roundhouse di Londra, installazione di sculture raffiguranti uomini in posizione fetale immerse in un ambiente sonoro realizzato da Brian Eno. Si è cimentato anche con la regia cinematografica con il film Quijote (2006), con Peppe Servillo nel ruolo del “cavaliere errante” e Lucio Dalla nelle vesti dello scudiero Sancho Panza, oltre che autore della colonna sonora.

“È l’universalità dell’iconografia di Paladino, – si legge nel documento – la sua sofisticata epica anti-eroica e l’attitudine transdisciplinare che il Dipartimento delle Arti intende celebrare come modello eccelso della cultura artistica contemporanea e incarnazione di qualità intellettuali tipiche del nostro paese”.

Attivo dalla fine degli anni Sessanta, è negli anni Ottanta che Paladino diventa una figura di primo piano nel panorama internazionale dell’arte contemporanea, in associazione a quel movimento artistico che il critico e curatore Achille Bonito Oliva ha definito Transavanguardia, peculiare versione italiana della corrente internazionale nota come Neo-Espressionismo. Manifestazione quintessenziale del pensiero postmodernista – imperniato sul crollo di quelle che Jean-François Lyotard ha definito le “grandi narrazioni” della modernità – la Transavanguardia è stata un movimento prevalentemente pittorico caratterizzato da un ritorno alla figurazione, un rifiuto delle dinamiche concettuali che avevano caratterizzato l’arte del decennio precedente e, in particolar modo, una propensione di memoria espressionista per l’introspezione psicologica e l’esplorazione di nuove forme di identità.

La generazione di cui Paladino fa parte si trova a fare i conti con un’epoca radicalmente nuova, contraddistinta dall’avvento del neoliberismo, dall’ormai consolidata influenza dei media di massa, dal crescente processo di globalizzazione e dalla diffusione dei personal computer.

Mentre alcuni artisti rispondono a questa nuova fase mediante forme di appropriazione e simulazione – ovvero usando il linguaggio e le modalità espressive dei media contemporanei – Paladino vi reagisce con un ritorno a un’umanità essenziale, a tratti primordiale. Il suo immaginario, infatti, è caratterizzato da figure umane che potremmo definire primarie: astoriche, asessuate, anaffettive, dall’etnia indefinibile, raffigurate in pose rigide, immobili, solitamente frontali. Che si tratti di figure dipinte – appesantite da contorni spessi che ne delimitano la sagoma – o di massicce sculture in pietra o in bronzo, la sensazione è di trovarsi di fronte ad anti-monumenti che anziché celebrare un avvenimento storico, mettono in crisi il concetto stesso di storia. In epoca postmoderna artisti e architetti hanno affrontato il problema della storia – della sua definizione, della sua progressione, della sua legittimità – con approccio citazionista.

Paladino ha adottato una tattica simile, ma più che riferimenti a eventi o personaggi realmente esistiti, il suo citazionismo è evocativo di un passato ancestrale, con richiami ora alla scultura greca arcaica ora all’iconografia bizantina, ora a ritualità tribali costruite attorno a elementi dal forte valore simbolico, ora alla grande finzione letteraria: da Omero a Miguel de Cervantes a Carlo Collodi. Aleggia attorno all’universo primordiale e magico di Paladino – popolato da uomini senza volto, figure antropomorfe ed equestri – un’aura enigmatica che nelle installazioni pubbliche riesce addirittura a contaminare lo spazio urbano. Rappresentativa è la Montagna di Sale (1990) a Gibellina, un cumulo in cemento da cui fuoriescono trenta cavalli di legno, poi riprodotta con alcune variazioni e ricoperta di vero sale in Piazza del Plebiscito a Napoli (1995) e Piazza Duomo a Milano (2011).