Il modello di “scuola diffusa”, ideato e messo in atto nella nostra città in apertura dell’anno scolastico 2020/21 per individuare nuovi spazi di didattica utili al distanziamento degli alunni, diventa punto di riferimento per l’innovazione della scuola italiana. Il Comune di Reggio ha infatti sottoscritto un Protocollo di intesa con l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire) di Firenze per la realizzazione di una ricerca sull’esperienza scolastica reggiana. Obiettivo dell’accordo è

analizzare i fattori di qualità e innovazione nella didattica della scuola primaria e secondaria di primo grado messi in atto nella nostra città, per diffonderne poi contenuti e caratteristiche anche in altre realtà locali e nazionali. Indire è un Ente pubblico che, insieme all’Invalsi e al corpo ispettivo del ministero dell’Istruzione, è parte del Sistema nazionale di Valutazione in materia di istruzione e formazione. E’ attivo sul territorio nazionale da oltre 90 anni per identificare e promuovere modelli di collaborazione tra scuola e territorio in ambito scolastico con particolare attenzione alle ricadute sull’organizzazione dei curricula, degli spazi e dei tempi, e con riferimento allo sviluppo di esperienze di scuola di comunità. E per questa ragione ha identificato Reggio Emilia come realtà interessante per un’attività di studio.

“Ciò che è dunque nato in forma sperimentale, per andare incontro alle esigenze della pandemia, si candida ora a diventare un possibile modello per il rinnovamento della scuola italiana e la contaminazione dei curricula scolastici con esperienza radicate nei territori di appartenenza – dice l’assessore comunale all’Educazione Raffaella Curioni (foto) – Il progetto “scuola diffusa”, ideato dal Comune di Reggio attraverso il servizio Officina educativa per rispondere al fabbisogno di spazi scolastici aggiuntivi, non ha infatti costituito solo un’operazione logistica di approvvigionamento di nuove aule didattiche, ma innanzitutto un’azione di potenziamento della qualità scolastica attraverso l’ampliamento delle opportunità offerte agli studenti”.

Gli alunni si sono infatti ritrovati a fare scuola in musei, centri sociali, spazi civici, agriturismi, parrocchie, per un totale di 19 nuovi spazi individuati per 49 classi sulle 427 totali e 1150 alunni circa tra scola primaria e secondaria di primo grado. La scelta di non utilizzare le palestre per l’attività didattica è stata fatta per permettere alle classi di continuare le attività di educazione fisica durante l’orario scolastico e al contempo consentirne – là dove reso possibile dalle disposizioni anti Covid – l’uso pomeridiano alle società sportive.

Abitare spazi della cultura, come i musei civici ad esempio, non ha quindi rappresentato un’occasione per sperimentare nuove forme di didattica in collaborazione con il personale stesso dei musei e quindi di interagire direttamente con gli ambienti, le collezioni e le competenze degli addetti culturali.

La collaborazione con Indire prevede per questo primo anno scolastico una ricerca di tipo osservativo per l’analisi dell’esperienza di un Istituto comprensivo a piccoli plessi al fine di restituire le dimensioni chiave dell’innovazione, sia dal punto di vista didattico che organizzativo. La realtà scelta è quella dell’istituto Manzoni dove, da inizio anno, le diverse classi di primaria e secondaria stanno sperimentando a rotazione la didattica all’interno dei musei, mentre altre due classi vivono stabilmente gli spazi della Biblioteca delle arti.

Per il secondo anno la ricerca lavorerà invece alla formalizzazione del modello di scuola diffusa attraverso la promozione e osservazione della didattica in alcuni dei 19 istituti coinvolti, per comprendere le pratiche attuative sia dal punto di vista organizzativo e didattico. In entrambe le annualità si procederà alla disseminazione degli esiti e alla pianificazione di eventi congiunti formativi e informativi presso altre realtà scolastiche potenzialmente interessate ad aderire al modello di scuola diffusa.