I dati di produzione, vendita ed export 2019 dell’industria italiana delle piastrelle di ceramica sono poco sotto il dato 2018. La sostanziale stasi, accompagnata dall’aumento della capacità produttiva derivante dagli ingenti investimenti in fabbrica 4.0 realizzati nel corso dell’ultimo quinquennio, ha spinto alcune aziende a ricorrere ad alcune settimane di fermata produttiva – con l’obiettivo di evitare l’accumulo di scorte -, in linea con quanto già successo lo scorso anno.
Sono queste alcune delle evidenze emerse in occasione della presentazione delle dinamiche congiunturali, avvenuta in occasione di una conferenza stampa nella mattinata di oggi ed approfondite nel pomeriggio in un convegno con le aziende associate a Confindustria Ceramica, a cui hanno partecipato anche Acimac e Ceramicolor, le Associazioni consorelle della filiera della ceramica italiana.
L’anno 2019 delle piastrelle di ceramica
Il preconsuntivo 2019 elaborato da Prometeia sui dati di settore evidenzia per l’industria italiana delle piastrelle di ceramica volumi di produzione e vendite intorno ai 409 milioni di metri quadrati (-1 milione rispetto al 2018), derivanti da esportazioni nell’ordine di 326 milioni di metri quadrati (-2 milioni) e vendite sul mercato domestico per 82 milioni di metri quadrati (+1 milione). Tra i mercati di riferimento, le vendite in Italia ed Europa – che coprono circa i 2/3 del totale – mostrano segnali di crescita nell’ordine di alcuni punti percentuali, a fronte di esportazioni extra comunitarie che, invece, presentano in alcuni casi flessioni più marcate.
Il commento del Presidente
“Il commercio internazionale di tutti i settori risente delle crescenti tensioni commerciali a livello mondiale, in particolare ma non solo tra Stati Uniti e Cina, che generano incertezza presso consumatore ed operatori professionali – afferma Giovanni Savorani, Presidente di Confindustria Ceramica –. Recenti analisi dimostrano che i Paesi che soffrono maggiormente di questa situazione sono i forti esportatori e quelli dall’elevato debito pubblico, condizioni entrambe che interessano l’Italia.
La competizione internazionale dell’industria ceramica italiana – che negli ultimi anni ha investito oltre 2 miliardi di euro in nuove tecnologie, dotandosi di impianti manifatturieri e di livelli di sostenibilità ambientale all’avanguardia – registra in diversi paesi concorrenti un costo del lavoro e dell’energia più basso ed un sistema di infrastrutture – viarie e portuali – nettamente migliore rispetto al nostro. A questo si aggiunge una aggressiva concorrenza da parte di produttori di materiali alternativi.
La nostra campagna di comunicazione ‘I valori della ceramica’, che ha visto il coinvolgimento di oltre sessante imprese ceramiche italiane ed una diffusione internazionale grazie ad accordi con Associazioni estere di distributori, posatori e produttori ed alle loro aziende, ha superato i 12 milioni di visualizzazioni. Una iniziativa di cui andiamo orgogliosi che lo scorso 2 dicembre ha ricevuto a Milano il terzo premio a “L’Italia che comunica”, il concorso nazionale indetto da UNA, l’Associazione delle agenzie di comunicazione e pubblicità”.
Un’area fondamentale di impegno per il settore è quello della sostenibilità ambientale. Lo scorso 7 dicembre abbiamo firmato, assieme ai dieci comuni del distretto della ceramica, le due provincie e la Regione Emilia Romagna, l’accordo volontario per il contenimento delle emissioni nel distretto ceramico. Si tratta di un accordo innovativo, unico nel suo genere in Italia, che interviene in un contesto nel quale le singole aziende hanno già livelli di emissione nettamente inferiori a quelli sanciti all’Unione Europea e che ha definito un tetto generale alle emissioni nell’intero distretto. Un accordo che mira a migliorare le competitività delle nostre imprese anche attraverso procedure autorizzative standardizzate e con la riduzione a 45 giorni del termine massimo delle istruttorie per il rilascio delle sulle singole autorizzazioni integrate ambientali.
Il sistema Emission Trading europeo presenta oggi per il nostro settore forti penalizzazioni competitive rispetto alle produzioni extra europee. Nel periodo 2021-2030 comporterà infatti extra-costi che Nomisma Energia ha stimato superiori a 30 milioni €/anno. Questi costi sono di fatto assimilabili ad una “tassazione sui fattori di produzione” che prescinde dagli investimenti fatti ed in programma, in una situazione dove si sono già raggiunti livelli elevatissimi di efficienza e non sono disponibili, né prevedibili nei prossimi anni, salti tecnologici che possano ridurre significativamente le emissioni. La direttiva ETS prevede la possibilità che gli Stati Membri “compensino” parzialmente le imprese dei costi indiretti sopportati (maggior costo dell’energia elettrica acquistata). Ad oggi il settore ceramico non è tra quelli ammessi a queste compensazioni: come settore energivoro, fortemente esposto alla concorrenza internazionale, corre il rischio di delocalizzare le produzioni verso paesi extra UE. La Commissione Europea dovrà decidere in proposito nelle prossime settimane, è fondamentale che sia rimossa questa incomprensibile penalizzazione.
L’attività di formazione professionale, accanto agli investimenti in innovazione tecnologica e in sviluppo sostenibile, è il terzo pilastro del nostro impegno per la competitività. Confindustria Ceramica si è mossa ad ampio raggio, partendo dall’analisi dei fabbisogni formativi del settore a cinque anni per poi passare ad accordi con le scuole medie superiori e ai ‘moduli ceramici’, lezioni tecniche tenute presso alcune facoltà da esperti delle aziende ceramiche e concordate con le Università di Modena e Reggio e Bologna. In questo contesto si inserisce l’avvio del Master di 2° livello ‘Impresa e Tecnologia ceramica’, a cui partecipano 16 laureati magistrali in discipline scientifiche che, nel corso di questo anno accademico, approfondiranno tutti gli ambiti del lavoro in azienda, anche grazie a stage e a docenti manager di imprese ceramiche.
Attraverso le infrastrutture passa la competitività delle nostre aziende. In questo è essenziale l’atteso avvio dei lavori della Bretella Campogalliano Sassuolo ma anche la progettazione del raccordo ferroviario tra gli scali merci di Marzaglia e Dinazzano. Nella stessa direzione vanno gli investimenti decisi per il porto di Ravenna, che riveste una importanza centrale quale naturale approdo per le nostre materie prime, che prevedendo un pescaggio aumentato di un metro consentirà l’attracco di navi più grandi ed efficienti. Con il Porto di Ravenna stiamo completando uno studio, previsto da specifici accordi, che presenteremo nella prossima primavera per verificare come aumentare le esportazioni di prodotto finito verso i mercati dell’Europa Orientale attraverso la stessa via d’acqua”.