Nel corso degli ultimi anni, la corte di Giustizia Europea ha mostrato un orientamento assai favorevole alla protezione delle specialità alimentari a Indicazione Geografica di alcuni Paesi membri. Tutto ciò faceva ben sperare alcuni produttori italiani in un orientamento protettivo anche nel caso dell’Aceto Balsamico di Modena, fatto oggetto di molte imitazioni o evocazioni anche in Europa. Purtroppo, però, con una decisione sorprendente pubblicata oggi, la Corte di Giustizia non si è schierata per la protezione del famoso aceto modenese, limitandosi ad affrontare in modo formale e molto riduttivo la complessa tematica della protezione delle DOP e delle IGP.
Il Consorzio esprime tutto il proprio disappunto, nelle parole della Presidente, Mariangela Grosoli: “Una decisione che riteniamo totalmente ingiusta, a partire dall’assunto che la parola balsamico indichi ciò che invece non è: sappiamo tutti, in Italia e all’estero, che le caramelle e gli sciroppi ‘balsamici’, così come l’aggettivo ‘balsamico’ nella degustazione dei vini, non indicano assolutamente un sapore agrodolce, richiamando invece note forti e mentolate, che il nostro aceto di certo non possiede. La realtà è che molti Paesi Europei si sono voluti parzialmente appropriare del successo mondiale riscosso dall’Aceto Balsamico di Modena – questo sì, unico aceto ad essere agrodolce e a usare la parola Balsamico solo perché gli venne attribuita molti secoli fa dai Duchi Estensi, che lo ritenevano medicamentoso – e ad imitarlo in modo massiccio usandone il nome. Probabilmente, il notevole peso di interessi politici e commerciali dei Paesi che si sono schierati ufficialmente contro il Consorzio e, d’altra parte, un sistema Italia che invece fatica a far valere le proprie istanze a livello comunitario, hanno contribuito a quest’esito a dir poco deludente.”
Il Consorzio sta analizzando la sentenza e dalla prima lettura emerge un quadro ancora confuso e certamente non completo, che contiene comunque elementi di positività su cui sarà possibile lavorare ulteriormente davanti ai giudici nazionali ed europei.
Al riguardo – spiega una nota del consorzio – un aspetto importante da evidenziare è che la sentenza non definisce il termine “balsamico” come un termine generico ai sensi del regolamento base, bensì come una semplice traduzione in lingua italiana di un aggettivo utilizzato per descrivere una caratteristica del prodotto. La Corte, dunque, non esclude che la denominazione Aceto Balsamico di Modena possa essere tutelata nei confronti di possibili casi di evocazione che, come è noto, possono concretizzarsi anche nel semplice uso di espressioni o segni comuni e descrittivi (“somiglianza concettuale”).
Alla luce di questa sentenza e considerando quest’ultimo aspetto dell’evocazione congiuntamente al fatto che gli aggettivi qualificativi delle caratteristiche del prodotto, come del resto le denominazioni di vendita degli stessi, devono essere utilizzati nella lingua del Paese di commercializzazione, l’esito del procedimento in corso tra Consorzio e Balema non appare per nulla scontato. I giudici nazionali dovranno quindi valutare se l’utilizzo del termine “balsamico” in lingua italiana, come denominazione di vendita e come sostantivo (quindi non come aggettivo), per prodotti a base di aceto fabbricati e commercializzati in Germania, possano essere elementi sufficienti a definire tali prodotti come evocativi della IGP «Aceto Balsamico di Modena». La sentenza con cui la Corte Federale tedesca deciderà il caso concreto, arriverà solo nei prossimi mesi.
Come emerge da queste prime considerazioni sul testo del provvedimento, la questione dell’evocazione non è chiusa e verrà riproposta, caso per caso, ai giudici nazionali. Questo però non allevia la delusione del Consorzio: “dispiace notare – afferma il Direttore Desimoni Federico – come la Corte abbia volutamente evitato di trattare il tema dell’evocazione e in nessun modo richiamato i recenti precedenti giurisprudenziali relativi allo Scoth Whiskey e al Queso Manchego in cui il concetto di evocazione è stato correlato all’uso di termini e segni comuni e al principio della “somiglianza concettuale”. Continua il Direttore: “è inspiegabile il motivo per cui la Corte si sia limitata ad analizzare semplicemente l’aspetto della tutela delle singole porzioni di una denominazione senza, contemporaneamente, richiamare i principi che tutelano la stessa denominazione contro le evocazioni, e senza approfondire molti altri aspetti giuridici sollevati durante il procedimento scritto, l’udienza e dalle conclusioni dell’avvocato Generale. Questo provvedimento costituisce certamente un procedente molto pericoloso per tutto il sistema di tutela comunitario soprattutto perché è in contrasto con una giurisprudenza consolidata della Corte stessa in tema di tutela dei prodotti DOP e IGP”.
La vittima certa di questo quadro ancora confuso è ancora una volta il consumatore europeo che sempre più dovrà districarsi in una situazione di mercato in cui una scarsa trasparenza e lealtà nel commercio e nella comunicazione, comportamenti al limite della legalità e della correttezza professionale lo metteranno in difficoltà, condizionando e sviando le proprie scelte. In tale contesto, il ruolo del Consorzio dovrà essere sempre più quello di tutelare il consumatore e di promuovere lo sviluppo di un mercato più etico e trasparente. “Non siamo preoccupati per l’attività commerciale – afferma il Direttore del Consorzio – perché altri mercati come quello americano, in cui da anni vige una sostanziale deregulation, ci insegnano che alla fine il consumatore premia i prodotti autentici, quelli veri e senza trucchi riconoscendo nella correttezza e nell’onestà un valore ancora socialmente condiviso. Ciò che ci preoccupa di più è la confusione che i concorrenti cercheranno di creare per approfittare della buona fede del consumatore.”