Mai come oggi il tema del valore della multiculturalità risulta così attuale se pensiamo alle sue possibili applicazioni a livello sociale, non solo nel nostro Paese, ma in un contesto europeo di larga portata. Conoscere i risvolti della cultura di origine delle persone significa comprendere meglio le modalità di comunicazione attraverso cui è possibile trasmettere contenuti, idee e opinioni della cultura ospitante, non solo in ambito di immigrazione, ma in tutti quei processi formativi ed educativi che vedono l’incontro di due realtà apparentemente distinte ma profondamente unite a livello umano.
È questo in sintesi l’obiettivo di un progetto europeo dal titolo “Intercultural Communication in Education”, promosso dall’associazione cipriota “Dorea” nell’ambito del programma Erasmus+, l’esperienza di mobilità transnazionale per l’apprendimento professionale individuale, che ha visto tra i partecipanti ad una settimana di training formativo a Spalato dal 15 al 19 ottobre anche la cooperativa sociale Progetto Crescere, rappresentata dalle psicologhe Elena Coluccio e Arianna Casali.
«Le nazionalità sono diverse, ma il nostro paese è l’Europa. Il corso sulla comprensione della multiculturalità nella comunicazione, a cui abbiamo partecipato grazie al programma Erasmus+, ci ha permesso di vivere in prima persona questo motto, con tanta passione e gratitudine per quanto siamo riusciti ad apprendere e a condividere con i professionisti di altri Paesi – spiega Elena Coluccio, psicologa e psicoterapeuta della cooperativa sociale Progetto Crescere. “Oggi la multiculturalità ci aiuta a definire meglio i comportamenti messi in atto da tutti gli esseri umani. In particolare, quando a livello socio-educativo lavoriamo con ragazzi problematici della fascia di età della preadolescenza, un passaggio di vita delicato e per alcuni versi esplosivo, al di là delle rispettive diagnosi che ciascuno ha ricevuto, abbiamo bisogno di inserire tali comportamenti all’interno di un contesto che prevede l’esistenza di due culture: la cultura di provenienza e la cultura scolastica all’interno della quale questo tipo di comportamento viene messo in atto. Questa presenza contemporanea di due realtà, che dialogano tra loro, non si riferisce solamente alle famiglie di immigrati, ma anche a tutti quanti noi che possediamo una subcultura familiare e che proveniamo dallo stesso Paese di origine”.
“È opportuno – aggiunge Arianna Casali, psicologa della cooperativa sociale Progetto Crescere – che l’insegnante o il clinico diventino consapevoli che la loro comunicazione verbale e non verbale è impregnata della loro cultura e che le loro parole e i loro gesti derivano da un framework culturale specifico, ma che può essere differente rispetto alla persona che ascolta. Ecco perché nella comunicazione non bisogna dare nulla per scontato. La non comprensione di essa può derivare anche dalla non familiarizzazione con gesti o parole che fanno parte solo della cultura di chi parla, ma non di quella della persona con cui ci troviamo a dialogare. Con questa consapevolezza, la comunicazione e l’ascolto diventano maggiormente profondi e significativi. Si è pronti così a contestualizzare sempre ogni comportamento, difficile o disfunzionale che sia, non prescindendo mai dalla multiculturalità. Per questo, dobbiamo imparare ad analizzare la comunicazione di coloro che incontriamo quotidianamente sulla base non solo dei nostri pregiudizi e delle nostre strutture culturali, ma anche del contesto e della situazione in cui ci troviamo, domandandoci perché le persone si comportano in un determinato modo Pensiamo al contesto scolastico: come mai un alunno si comporta male in classe? In che modo è stata comunicata una certa diagnosi ai genitori? Bisogna saper trasmettere questo concetto tutte le volte che si incontra la famiglia, perché se l’utilizzo di determinate tecniche in classe è strettamente correlato a quel tipo di diagnosi, allora questa comunicazione che possiamo definire profondamente multiculturale deve diventare patrimonio del formatore”.
“A Spalato – precisa Coluccio – ci siamo confrontati con un’Europa che ha un’idea molto precisa dell’Italia e che vive le nostre stesse problematiche, in un contesto multiculturale di grande respiro. Alla presenza di altri professionisti del campo educativo di Svezia, Finlandia, Slovenia ed Estonia, grazie a giochi di ruolo cooperativi e ad attività di problem solving declinate in diverse situazioni sociali, siamo riusciti a portare a casa nuove modalità di azione e pensiero con la ferma certezza di far parte di un unico grande Paese, l’Europa, in cui, al di là delle nostre peculiarità, è possibile condividere idee e pensieri comuni. L’obiettivo del programma europeo Erasmus+, che la cooperativa sociale Progetto Crescere segue da anni anche in qualità di provider e promotore formativo, è proprio questo: diventare un noi comune».