Alex Orlowski e Michele Mezza: cosa hanno in comune un esperto di “big data” e “marketing digitale” con un giornalista e saggista?
Nell’ambito del programma di eventi per i dieci anni di Spazio Gerra ritornano a Reggio Emilia due figure che in modi diversi animano con il loro lavoro il dibattito attuale sulle nuove piste che la comunicazione digitale e l’automazione tecnologica stanno seguendo. Come interpretare questi aspetti della rivoluzione digitale? Ma soprattutto come l’utente-consumatore può preservare la propria libertà individuale dal predominio della tecnica?
Venerdì 2 novembre 2018, alle ore 16, Alex Orlowski ritorna a Spazio Gerra, in un incontro pubblico, per rispondere alle domande sui temi che riguardano il funzionamento dei social network, la loro trasparenza, la tutela dei “big data” del cittadino, il riconoscimento di “fake news”, di “bot” e “troll”, ovvero di account automatici che sostengono o intralciano le nostre conversazioni sui social network.
Già ospite di Spazio Gerra nel 2011, quando tenne un workshop sul video virale, Alex Orlowsky si occupava, già da prima dell’avvento dei social network, delle relazioni tra gli individui prodotte attraverso la Rete e della possibilità di influenzare le opinioni e i gusti degli utenti. In questi anni ha sviluppato un software che analizza i flussi di “big data” che percorrono i social network, soprattutto in relazione alle sfide politiche. Questo lavoro lo ha portato a sostenere campagne in rete volte a smascherare movimenti estremisti in Europa e negli Stati Uniti e a diffondere conoscenza e consapevolezza riguardo alle strategie di persuasione politica nel mondo digitale. Quella di cui parla Orlowski nei suoi interventi è una vera e propria guerra digitale, priva di segni esteriori, che non si combatte con le armi tradizionali, ma a colpi di “hacking” (pirateria informatica).
Il secondo appuntamento, sabato 3 novembre 2018, alle ore 17, nella Sala del Planisfero della Biblioteca Panizzi, affronta invece il tema più ampio di come l’automazione tecnologica sia entrata prepotentemente in tutti gli ambiti della nostra vita, non solo tramite la Rete, rendendoci dipendenti da processi di cui quasi mai abbiamo piena consapevolezza. A partire dal libro “Algoritmi di libertà”, Michele Mezza, giornalista e docente universitario, offre in dialogo con l’editorialista e docente universitario Massimiliano Panarari, uno sguardo critico su un presente pervaso dalla onnipresenza dell’algoritmo, cui ci affidiamo per risolvere in maniera rapida ed efficace problemi di ogni genere, e sulle possibilità di conservare la nostra libertà, sempre più appiattita sul risultato del calcolo. “Oggi la rete è uno spazio pubblico, gestito per lo più in termini oggettivamente privatistici”, scrive Mezza, “con una funzione sempre più intensamente commerciale, confiscato da pochi monopoli del software, che guidano i comportamenti di miliardi di naviganti.”
Paradossalmente però è proprio dalla ricerca di una maggiore libertà individuale che nasce l’algoritmo, dai movimenti di emancipazione e liberazione di fine anni Sessanta, quando si parlava di “free speech” (libertà di parola) e poco dopo di “free software” (programma informatico libero). Ora però, mentre vediamo la rivoluzione digitale compiersi sotto i nostri occhi “la libertà è diventata marketing, l’autonomia profilazione, l’open source proprietà degli algoritmi, l’intelligenza artificiale riprogrammazione privata della vita, la partecipazione condizionamento digitale del voto”, scrive Mezza. E coloro che detengono la proprietà degli algoritmi sono in grado di esercitare un condizionamento sulle nostre vite, vite di consumatori e utenti, di cui spesso non siamo consapevoli. Mentre d’altra parte la politica rimane pressoché spettatrice inerte di processi che rimangono così nelle mani di pochi.
Il libro di Mezza ha il merito di mostrare come sia necessario e possibile oggi che la politica, il pubblico, ma soprattutto il cittadino prendano in mano la “negoziazione dell’algoritmo” e pretendano controllo sui processi di automazione tecnica detenuti principalmente da “global player” quali Facebook, Google o Amazon. È necessario che l’utente-consumatore prenda consapevolezza del peso che può esercitare in questa partita, ed esiga di rendere massimamente trasparenti e condivisi i processi di calcolo. Oltre che di libertà individuale si tratta, ovviamente, di preservare i fondamenti della democrazia.
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