L’invito è semplice e chiaro: “Il tuo dono, la loro felicità. Aiuta un’altra coppia ad avere un figlio”. E’ lo slogan scelto per la campagna informativa e di sensibilizzazione, a cura del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna, per la donazione di gameti, maschili (spermatozoi) e femminili (ovociti). E’ questo, infatti, il prerequisito per consentire la fecondazione eterologa: a questa tecnica di procreazione medicalmente assistita (pma) si ricorre quando uno dei due genitori ha problemi di sterilità e, per arrivare a una gravidanza, è necessario usare un gamete – un ovulo o uno spermatozoo – di una terza persona. Il donatore, appunto.
“Il ricorso alla fecondazione eterologa è un diritto che stiamo cercando di rendere sempre più esigibile all’interno del nostro Sistema sanitario- sottolinea l’assessore regionale alle Politiche per la Salute, Sergio Venturi- . E’ in quest’ottica che promuoviamo la donazione dei gameti, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica, anche attraverso questa campagna”. La Regione Emilia-Romagna “si è mossa sin dall’inizio- ha ricordato l’assessore-, all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile del 2014, con la delibera di Giunta del settembre di quello stesso anno: i costi per il trattamento dell’eterologa, come già avveniva per l’omologa, sono stati subito messi a carico del Servizio sanitario regionale, contrariamente a quanto è accaduto nella maggior parte delle altre Regioni. Il recente inserimento dell’eterologa nei Lea, dunque-ha concluso Venturi- rappresenta un passo avanti significativo”.
La fecondazione eterologa e la sentenza della Corte Costituzionale del 2014.
Fino al 2004 in Italia era possibile accedere alla fecondazione eterologa nelle strutture sanitarie private, purché il donatore fosse anonimo e la donazione, di ovuli o spermatozoi, fosse gratuita. La legge 40/2004 ha vietato per lungo tempo il ricorso a questa tecnica, fino a quando la Corte Costituzionale (la sentenza è la 162 del 9/2014) ha dichiarato incostituzionale il divieto, riaprendo le porte all’utilizzo dell’eterologa anche in Italia. Di fatto, dopo dieci anni di sospensione, si è praticamente ripartiti da zero, con il problema del reperimento dei gameti e, in particolare, degli ovociti perché la donazione era stata proibita.
La Regione Emilia-Romagna, con la delibera 1487 del 2014, ha recepito il Documento della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 4/9/2014 in materia di fecondazione eterologa, determinando i criteri di accesso alle procedure di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo e i requisiti autorizzativi dei Centri che svolgono attività di pma in Emilia-Romagna. La delibera ha stabilito, in coerenza con gli indirizzi operativi sanciti dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, che i criteri di accesso a carico del Servizio sanitario regionale sono l’età della donna che si sottopone all’eterologa, e cioè fino al compimento del 43° anno, e il numero di cicli di trattamento, fino a 3. Si è anche stabilito che i donatori sono esentati dalla compartecipazione alla spesa per gli esami e le visite inerenti la valutazione di idoneità alla donazione, “in analogia con quanto previsto per la donazione di altre cellule, organi o tessuti”.
La donazione di gameti, come sancito dal Documento della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in Italia è consentita ai soggetti di sesso maschile di età non inferiore ai 18 anni e non superiore ai 40 anni, e ai soggetti di sesso femminile di età non inferiore ai 20 anni e non superiore ai 35 anni. Per quanto riguarda i donatori di gameti maschili, sono candidabili coloro che, “in modo spontaneo e altruistico” decidono di donare i propri gameti e non si stanno sottoponendo a loro volta un trattamento di fecondazione assistita; coloro che, invece, si stanno sottoponendo a loro volta a un trattamento di fecondazione assistita e, infine, individui che hanno congelato gameti in passato e non volendo utilizzarli decidono di donarli. Per quanto riguarda la parte femminile, è necessaria una premessa: la donazione degli ovociti richiede una stimolazione ovarica a base di ormoni, con monitoraggio e recupero degli ovociti. Comporta quindi, a differenza della donazione di gameti maschili, un disagio maggiore e più accessi alla struttura sanitaria, elemento critico per le donne lavoratrici. In analogia con la parte maschile si possono candidare alla donazione donne che, “in modo spontaneo e altruistico” come ricorda il Documento, decidono di donare i propri gameti e non si stanno sottoponendo a loro volta a un trattamento di fecondazione assistita; donne che, a loro volta, si stanno sottoponendo a un trattamento di fecondazione assistita. Infine, donne che hanno congelato i propri ovociti in passato e, non volendo utilizzarli, decidono di donarli.
La campagna del Servizio sanitario regionale spiega chi può donare, come diventare donatore o donatrice, e ribadisce come la donazione dei gameti sia gratuita e anonima. Tutti gli accertamenti, le visite e gli esami a cui saranno sottoposti i donatori sono gratuiti. Se dipendente, chi dona avrà diritto a permessi retribuiti: si applicano per analogia le disposizioni sulla donazione del sangue e del midollo osseo. Per informazioni, www.iltuodonolalorofelicita.it