“L’Italia è al 138° posto nella classifica mondiale per quanto riguarda l’efficienza del mercato del lavoro, dietro diversi Paesi del cosiddetto Terzo Mondo: il Jobs Act, da solo, non basterà a creare nuova occupazione ma è comunque un passo importante per creare maggiori opportunità di impiego. Il contratto a tutele crescenti – che qualcuno ha definito ‘immorale’ – può rappresentare una prima risposta per sbloccare le potenzialità del mercato del lavoro e ridurre i costi per le imprese. La riforma approvata è un provvedimento organico (a differenza della ‘legge Fornero’) ed è giunta entro i termini previsti dalla legge delega: questo è positivo, ma il quadro normativo è ancora incompleto o poco chiaro, soprattutto per quanto riguarda l’attività ispettiva nelle imprese, le politiche attive per la creazione di nuovi posti di lavoro, le regole sugli ammortizzatori sociali e sulla presentazione delle dimissioni spontanee”.
E’ una riforma del lavoro a luci ed ombre quella che emerge dalla descrizione fatta da Marina Calderone, Presidente Nazionale dei Consulenti del Lavoro, che ha aperto i lavori del convegno “Il lavoro che cambia: prospettive di ripresa e futuro professionale” tenutosi questo pomeriggio in Accademia Militare. L’appuntamento, al quale hanno partecipato i vertici nazionali della categoria ed oltre cento tra professionisti ed esperti, è giunto proprio all’indomani dell’approvazione definitiva di tutti i decreti attuativi della riforma del lavoro attuata dal governo Renzi.
Il Jobs Act ha come obiettivo dichiarato un cambiamento radicale nell’approccio al mondo del lavoro per favorire il rilancio dell’occupazione e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese. Non tutto è così semplice e chiaro, però, dal momento che le numerose misure introdotte ed i profondi cambiamenti riguardano tutte le parti coinvolte (lavoratori, imprese, sindacati, professionisti) e che le nuove opportunità di impiego si scontrano con i timori per alcune tutele non più vigenti e per semplificazioni burocratiche talvolta più di facciata che di sostanza.
Da un lato, dunque, la maggiore flessibilità in uscita offerta dai contratti a tutele crescenti e la semplificazione di alcuni aspetti normativi potrà tradursi in nuove opportunità di lavoro; dall’altro, l’obbligo pressoché generalizzato della presentazione online delle dimissioni (coinvolgendo anche la Direzione Territoriale del Lavoro) rischia di ingolfare sempre più la già farraginosa macchina burocratica pubblica. “Un ulteriore elemento di preoccupazione è la riforma degli ammortizzatori sociali (Cassa integrazione ordinaria e straordinaria): le nuove disposizioni prevedono un aumento del contributo a carico delle imprese, sia nell’aliquota sia nella base di calcolo. Avremo quindi maggiori costi (dai circa 50 euro per lavoratore attuali si passerebbe a quasi 200 euro), a carico di aziende già in difficoltà che saranno molto probabilmente costrette a chiudere” ha affermato Roberta Sighinolfi, Presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Modena, sottolineando l’importanza di sensibilizzare ed informare le aziende su questo aspetto.
Nel corso del convegno è anche emerso che con il Jobs Act la categoria dei Consulenti del Lavoro svolgerà un ruolo sempre più centrale, perché oltre alla tipica attività professionale dovrà svolgere anche una funzione di garanzia e legittimità di taluni istituti, nonché di assistenza delle parti. “La riforma – ha sottolineato Marina Calderone – ci offre nuove opportunità in tema di conciliazione, certificazione delle collaborazioni, clausole elastiche del part time e demansionamento: sono nuovi obblighi, ma anche il riconoscimento che la nostra categoria è impegnata nel cercare la deflazione del contenzioso. Soprattutto, finalmente si riconosce che i Consulenti del Lavoro rappresentano le esigenze di tutti i soggetti coinvolti: imprese, lavoratori ed istituzioni”.