rotary_sassSi è parlato di uso ed abuso di sostanze nello sport l’altra sera al Rotary di Sassuolo. Ospite il medico sociale della Liu-Jo Volley Modena e coordinatore regionale del Centro Antidoping, Gustavo Savino. Folta la presenza di soci ed ospiti tra cui Maria Carafoli, presidente Panthlon Modena e le due atlete della Liu-Jo Volley Francesca Ferretti e Chiara Arcangeli.

“Proprio nel momento in cui si smette di credere nelle proprie risorse – ha esordito Savino – o ci si convince, egoisticamente, che nulla e nessuno potrà aiutarci a migliorare, giustificando le qualità degli altri come fittizie, fortuna o artificio, scatta il rischio del doping”. E ciò avviene sia nei professionisti ma soprattutto negli amatori, di qualsiasi età, anche giovanissimi.

Secondo i dati del Ministero della Salute negli ultimi 10 anni sono stati controllati quasi 17.000 atleti e di questi sono risultati positivi all’antidoping 520 professionisti. Tuttavia, i rilievi sono stati eseguiti su un esiguo campione di atleti, se consideriamo che solo i calciatori tesserati dalla FIGC negli ultimi 10 anni sono più di 1 milione e 300 mila.

Quali sono i motivi che spingono lo sportivo a rivolgersi a sostanze dopanti? “Spirito di emulazione – risponde Savino – mancanza di tempo da dedicare all’allenamento, pubblicità ingannevole e sedicenti o improvvisati allenatori e preparatori sportivi”. Spesso pratiche dopanti generano gravi tossicodipendenze e sviluppano malattie come la Dismorfia Muscolare (detta Reverse Anorexia). Inoltre, l’abuso di steroidi androgeni anabolizzanti genera alterazioni del tono dell’umore spesso gestite con l’impiego di ansiolitici ed antidepressivi. “I controlli antidoping sono un sistema valido – ha concluso Gustavo Savino – ma per numero e modalità di attuazione rappresentano, attualmente, uno strumento inefficace per la lotta al doping”.