“Il Consiglio di Stato, con il rigetto definitivo del ricorso di 9 aziende fuori dal territorio di produzione del Lambrusco Emilia Igp, ha consentito di fare un importante passo avanti, convalidando pienamente le modifiche al disciplinare condivise da produttori e cantine e sostenute anche dalla Cia ed altri soggetti di rappresentanza, che, dal 1 agosto 2013 prevedeva tutte le fasi della produzione più legate al territorio”. Lo sostiene il responsabile della presidenza Cia di Reggio Emilia per il settore vitivinicolo Renzo Zaldini.“Questo – afferma Zaldini – in particolare con l’obbligo della ‘frizzantatura’ e della fermentazione in autoclave nella zona d’origine, permette un più puntuale controllo delle diverse fasi produttive da parte del Consorzio: l’imbottigliamento lontano dalle nostre zone (che continua ad essere possibile) significa infatti minori possibilità di controllare che aziende sostanzialmente commerciali, producano lambrusco utilizzando anche vini da vitigni non previsti nel disciplinare”.
“E’ una possibilità che può essere sfruttata da chi guarda solo al proprio tornaconto, in una fase non troppo buona per il nostro vino e per i rossi in generale, fase che consente di trovare sui mercati vini generici a prezzi stracciati. Ora quindi il lambrusco dell’Emilia è meglio protetto da furbizie”.
“Secondo il nostro punto di vista – prosegue – mancherebbe un ultimo passaggio che potrebbe garantirci pienamente: l’adozione di un contrassegno sulle bottiglie. In questo modo completeremmo le possibilità di controllo, perché per ogni cisterna che lascia la zona, l’organo di controllo avrebbe a priori la conoscenza del numero di bottiglie che si possono produrre, rilasciando il giusto numero di contrassegni”.
E’ un mondo quello delll’Igt Emilia che vale oltre 80 milioni d’euro di fatturato e che, sommando aziende consorziate tra Reggio e Modena conta 6.595 ettari di vigneti Igt con una produzione di 1,5 milioni di quintali di uva e 1.200.000 ettolitri di vino Igt esportati. Nel panorama europeo de vini frizzanti l’Italia detiene un quasi monopolio, rappresenta l’82% in valore, ovvero 344 milioni di euro, e il 75% in quantità, pari a 1,6 milioni di ettolitri.
“Dopo alcuni anni di ‘vacche grasse’ – conclude Zaldini – siamo di fronte a qualche difficoltà, con i prezzi in calo e qualche giacenza ancora nelle cantine. Per consolidarci servirebbe maggiore collaborazione, per investire sul nome ed il prestigio dei nostri vini, ed evitando concorrenza al ribasso, senza guardare insomma solo al prossimo bilancio ma ad una prospettiva più di medio/lungo termine”.