Nell’ambito del Maggio Fioranese, ieri, domenica 10 maggio, ha preso il via la rassegna ‘Incontri al Teatro Astoria’, organizzata da Comune di Fiorano Modenese, Comitato Fiorano in Festa e Lapam Confartigianato Imprese.
Il sindaco Francesco Tosi, nel saluto iniziale, ha sottolineato l’importanza delle poltrone ‘piene’ in sala, circa settanta persone, perché occupate da persone libere, in grado di reagire e di modificare i propri comportamenti. Gli incontri arricchiscono, consentono di confrontarsi e di crescere.
La presidente del Comitato Fiorano in Festa Gian Carla Moscattini ha riaffermato l’impegno a continuare gli Incontri, in continuità con le edizioni precedenti del Maggio, un percorso che si conferma innovandosi.
Poi la parola è passata all’assessore Morena Silingardi che ha condotto la conversazione con l’omeopata e scrittore Simone Ramilli, presente a Fiorano per presentare il suo ultimo libro ‘La cura. Liberi da paure e malattie’ (Edizioni Tecniche Nuove) e con la psicologa Ameya G. Canovi che si occupa di dipendenza affettiva, avvalendosi di nuovi strumenti come la pagina Facebook ‘Di troppo Amore’, il blog ‘Amore dipendente’ e la possibilità di colloqui online via skype.
Ameya G. Canovi, partendo dalla canzone ‘Io che non vivo più senza te’ o l’altra ‘Se non arrivi non esisto’ spiega come la dipendenza affettiva sia sdoganata dalla società, ma è una malattia; è l’incapacità di stare con se stessi, la paura del vuoto perché ‘il pezzo che manca sei tu’. La società non insegna a stare da soli e la dipendenza affettiva si riassume in ‘fammi, dammi, dimmi’; ha bisogno di stampelle, le sue richieste sono infinite e nel contempo è incapace di gestire il no dell’altro, il quale può essere a sua volta ‘dipendente’, bisognoso di essere incensato. Nessuno dei due si prende la responsabilità di se stesso. Com’è allora l’amore? È senza sforzo, non è dipendenza ma relazione, è reciprocità.
L’oggetto della dipendenza è cambiato nel tempo. Resta un bisogno profondo di riempire il vuoto con qualcosa, qualcuno, dall’esterno. Alcune dipendenze sono condannate dalla società come sostanze e alcol; altre vengono tollerate o incoraggiate come la dipendenza dal lavoro, da internet, da shopping, dallo sport, dal cibo. ‘Non vivo senza…’
Simone Ramilli è partito dalle sfilacciamento della nostra e dalle sue paure. La malattia del corpo sociale diventa malattia dell’individuo perché c’è una stretta correlazione, che la medicina sta chiarendo. La ferita d’amore può diventare malattia, il conflitto nella famiglia, anche di ruolo, il conflitto con gli amici, nel posto di lavoro. Ogni volta che c’è un conflitto il corpo prova a risolverlo, dopo un certo numero di tentativi, in caso di ennesima recidiva, il cervello comanda la soluzione al corpo fisico che si ammala. Per curarsi bisogna andare dal proprio medico ma bisogna anche farsi carico di scoprire i nostri conflitti non ancora risolti. Sembra ormai accertato che pochi mesi prima di una malattia, ci sia la recidiva di un problema non risolto. Come è scritto nella presentazione del volume: “La cura è un viaggio all’insegna della comprensione delle cause della malattia per trovare la libertà del divenire compiutamente uomini, in cui si ripercorrono le tappe della formazione della vita dalle sue origini fino alle contraddizioni del vivere moderno nella realtà aumentata del mondo virtuale, per scoprire nuove malattie e indagare la forma moderna e più temuta di alienazione: la solitudine. La cura è ravvivare un sistema vivente malato riportandolo ai segreti della vita”.
I principali conflitti, spiega ancora Simone Ramilli, sono la paura di morire di fame, intesa anche come bisogno compulsivo di accumulare denaro oltre ogni prevedibile necessità; la paura di essere abbandonati; la paura di perdere la reputazione sociale, essere visti o non visti; la paura dell’identità; la paura di perdere potere.
Sabato prossimo, 16 maggio, gli Incontri all’Astoria proseguono, alle ore 17.30m con ‘Il buono, il noir, il cattivo’. Tecla Dozio intervista Luca Bonzano e Carlo Lucarelli.