Sono otto gli agenti della Penitenziaria intossicati dopo che un detenuto nel carcere della Dozza di Bologna ha dato fuoco alla cella, ieri sera.
“E’ del tutto evidente che il ragazzo non può più stare in carcere, ma necessita di opportune cure in struttura idonea al suo stato di salute e comportamentale, diversa dall’Opg. La madre avrebbe già individuata una struttura sanitaria nel parmense, che già nel passato ha avuto in cura il giovane, e con la quale è in contatto”. Così la Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, sul ragazzo detenuto nel penitenziario bolognese della Dozza, dove avrebbe dato fuoco alla cella.
“Venerdì scorso- spiega Bruno- ho visto nell’infermeria del carcere della Dozza il giovane detenuto L.S di anni 24, segnalatomi nella stessa giornata da alcuni parlamentari e da Rita Bernardini, facendo richiesta di una verifica urgente relativamente alla sua critica situazione. Il ragazzo, con gravi problemi psichici, è stato visto dallo psichiatra e viene riferito che dopo un iniziale comportamento aggressivo (avrebbe brandito due lamette, subito tranquillizzato dagli agenti intervenuti) appariva più sereno”.
Prosegue la Garante: “Ho verificato che L.S., a partire dal 2012, ha avuto una serie numerosa di trasferimenti nelle carceri dell’Emilia-Romagna ed è stato altresì ricoverato in Opg per osservazione psichiatrica. E’ arrivato al carcere di Bologna il 13 marzo dove avrebbe svolto colloqui con la madre. A me personalmente ha riferito, seppur in modo molto confuso, di voler andare a casa e di essere in attesa dei benefici penitenziari che, a suo dire, ritardano nell’arrivare. Sarebbe disponibile anche un collocamento in comunità”. In ogni caso, “senza alcun dubbio il ragazzo mi è apparso molto sofferente e con evidenti difficoltà ad effettuare un dialogo compiuto”.
“Questa mattina ho ricevuto la telefonata della madre molto preoccupata. L. ha dato corso a comportamenti autolesionistici, con preoccupanti riflessi sia verso se stesso che verso gli altri, avrebbe dato fuoco alla cella dove si trovava dichiarando che ‘voleva morire’ e molteplici sono stati gli sforzi da parte degli operatori e della polizia penitenziaria. E’ del tutto evidente che il ragazzo non può più stare in carcere, ma necessita di opportune cure in struttura idonea al suo stato di salute e comportamentale, diversa dall’Opg. La madre- chiude Desi Bruno- avrebbe già individuata una struttura sanitaria nel parmense, che già nel passato ha avuto in cura il giovane, e con la quale è in contatto”.