E’ stato molto dibattuto in Aula il testo del progetto di legge sul “riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare”, approvato a maggioranza (sì da Pd, FdS, Sel-Verdi, Riva e Grillini del Misto, astenuta l’Idv, no di Fi-Pdl, Lega nord, Udc, M5s, Malaguti-Misto). Da tutti è stato riconosciuto il ruolo fondamentale delle persone che prestano “volontariamente” cure e assistenza, a domicilio, a famigliari o persone care non autosufficienti, subendone, come conseguenza, effetti negativi dal punto di vista lavorativo, sociale e economico.Ma, pur partendo da questa constatazione comune, si sono aperti due fronti: quello di chi ha sostenuto che la nuova legge fa parte di un percorso di innovazione del sistema del welfare che ufficializza la presenza di queste figure, prevedendone sviluppi futuri, e chi, al contrario, la vede come una legge “spot”, un provvedimento “virtuale”, che non riserva ulteriori risorse indispensabili al sostegno di chi svolge questo compito.
IL TESTO. LA RELATRICE PAOLA MARANI: “UN TASSELLO IMPORTANTE”
Il testo è stato illustrato dalla relatrice Paola Marani (Pd), che ha segnalato come in Emilia-Romagna questa realtà annoveri circa 289.000 persone, la cui attività di cura consente a soggetti non autosufficienti di poter evitare il ricovero in strutture sanitarie. Ma questa attività ha risvolti negativi. Marani ha ricordato, infatti, che chi assiste quotidianamente i propri cari rischia l’isolamento sociale, l’affaticamento fisico e emotivo, oltre a mettere a rischio la situazione economica della famiglia e la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro.
Di qui, la necessità di prevedere un sostegno diretto a queste persone, sviluppando – ha detto Marani – “una riflessione su un welfare più equo e inclusivo”, ma anche una valutazione sulle “conseguenze dei cambiamenti dei bisogni” espressi dalla nostra società.
Bisogna rivedere e ripensare – ha aggiunto – al nostro modello di assistenza, prevedendo, appunto, un incremento della domiciliarizzazione del paziente, ma contestualmente è indispensabile “ascoltare i bisogni espressi” da chi ne ha cura.
I primi tre articoli del testo – ha precisato Marani – disegnano quindi le finalità di questa legge “che non intende risolvere tutti i problemi”, ma che rappresenta un “tassello importante” nel sistema di welfare.
All’articolo 1, la Regione “riconosce e promuove” la “cura familiare” nell’ambito delle politiche sociali e la “figura del caregiver familiare in quanto componente informale della rete di assistenza alla persona e risorsa del sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari”, riconoscendone e tutelandone “i bisogni”. All’articolo 2 si definisce la figura del caregiver che è “la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile” va in aiuto, “in diverse forme”, a una persona cara non in grado di prendersi cura di se stessa. I servizi sociali dei Comuni e i servizi delle Asl – si legge all’articolo 3 – riconoscono i caregiver come un elemento della rete del welfare locale, assicurando loro “il sostegno e l’affiancamento necessari”. Sempre nello stesso articolo, si sancisce – ha ricordato la relatrice – che il “piano assistenziale individualizzato” definisce le funzioni del caregiver, “nonché le prestazioni, gli ausili, i contributi necessari e i supporti che i servizi sociali e sanitari si impegnano a fornire” per consentire un’attività di assistenza e di cura appropriate.
Sono poi enumerati all’articolo 4 gli interventi a favore del caregiver familiare, previsti sia dalla Regione, che dai Comuni e dalle Asl, sempre “nei limiti delle risorse disponibili”, mentre è l’articolo 5 che disegna la “rete di sostegno al caregiver familiare nell’ambito del sistema integrato” dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari e da reti di solidarietà.
Non si deve correre il rischio – ha detto Marani – che la persona che assiste rinunci al sistema pubblico quando non è in grado di risolvere i problemi degli assistiti, il caregiver non deve essere visto come un pezzo di welfare sostitutivo del pubblico, ma inclusivo.
E’ poi all’articolo 6 che si prevede il “riconoscimento delle competenze acquisite nell’attività di assistenza e di cura”, mentre con l’articolo 7 si istituisce il “Caregiver day”, da celebrarsi ogni anno, l’ultimo sabato di maggio, con lo scopo di “sensibilizzare la comunità sul valore sociale” di queste figure. C’è chi ha considerato “eccessivo” dedicare una giornata a questa celebrazione, Marani, tuttavia, ha contestato le critiche, sostenendo che serve a “diffondere buone pratiche”.
L’articolo 8, infine, contiene le norme finanziarie: non si prevedono “nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale”.
12 EMENDAMENTI: ACCOLTI 11 DELLA MAGGIORANZA
Sono stati presentati 12 emendamenti. Dieci a firma Gian Guido Naldi (Sel-Verdi) Monica Donini e Roberto Sconciaforni (FdS), tutti accolti a maggioranza.
Naldi ne ha sintetizzato la ratio, specificando che le proposte hanno lo scopo di riconoscere e valorizzare con più chiarezza l’attività di cura svolta da tante persone, sui cui, tuttavia, non devono essere scaricati i compiti che devono essere svolti dal pubblico. Questa attività di cura, inoltre, non deve essere interpretata come una professione, ma come un’attività svolta in occasioni eccezionali e quindi da supportare e accompagnare.
E’ stato approvato a maggioranza anche un emendamento presentato dalla relatrice Marani, che prevede l’aggiunta, in coda al titolo del provvedimento, delle parole “(persona che presta volontariamente cura e assistenza)”.
Respinto invece un emendamento sottoscritto dal gruppo Lega nord (primo firmatario Mauro Manfredini) e da Sandro Mandini (Idv) in cui si chiedeva che nel titolo e in tutto il testo del progetto di legge si sostituisse la parola “caregiver” con “persone che prestano cura e assistenza famigliare”.