Le oltre 40 mila tonnellate di macerie giunte alla discarica di via Caruso da agosto 2012 ad aprile di quest’anno, derivanti da crolli e demolizioni di edifici delle aree terremotate, sono stati trattati, non smaltiti nella discarica modenese, che è chiusa. Lo ha ribadito l’assessore all’Ambiente Simona Arletti rispondendo in Consiglio comunale, oggi 3 ottobre, all’interrogazione della consigliera di Modenasaluteambiente.it, Sandra Poppi.
La consigliera, osservando la mutata morfologia della discarica, ha chiesto se fosse stata riaperta e se vi fossero stati depositati rifiuti; di conoscere il progetto esecutivo e i materiali utilizzati per la copertura, oltre che la loro provenienza. Poppi ha infine chiesto se Giunta e Hera avessero preso in considerazione la possibilità di realizzare un impianto fotovoltaico per valorizzare la discarica dismessa.
Nella discarica di Modena le 43.700 tonnellate di materiali provenienti dalle macerie del terremoto sono stati separati e selezionati – ha spiegato l’assessore – ottenendo materiali recuperabili (principalmente macerie, legno, ferro) e scarti da avviare a smaltimento. Le macerie sono state riutilizzate in loco come materiale drenante previsto dal pacchetto di copertura definitiva della discarica, altri materiali recuperati sono stati inviati in impianti esterni, mentre gli scarti delle lavorazioni avviati allo smaltimento definitivo in impianti autorizzati. L’assessore ha quindi osservato che la discarica di Modena di via Caruso era stata inserita tra gli impianti di prima destinazione delle macerie del terremoto dal decreto legge 74 del 6 Giugno 2012 “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici” , poiché vi era l’esigenza di liberare rapidamente le aree terremotate dalle macerie e quindi di individuare siti dove poter stoccare le macerie per poi effettuarne il trattamento. “La realizzazione della copertura definitiva è ancora in corso – ha quindi precisato Arletti – e la possibilità di utilizzare al posto della copertura definitiva una soluzione innovativa con pannelli fotovoltaici, come suggerito dal Comune, è stata studiata da Hera Ambiente e successivamente abbandonata sia per motivi tecnici che di natura finanziaria, dovuti alla riduzione dei dispositivi incentivanti contenuti nei diversi Conti Energia.
Il consigliere dell’Udc Gian Carlo Pellacani, chiedendo la trasformazione in interpellanza, ha ricordato che la chiusura della discarica di via Scartazza è stata decisa in concomitanza con l’attraversamento nell’area dell’alta velocità e ha chiesto “per quanto lasceremo la discarica in attività post mortem”.
In sede di replica, la consigliera Poppi ha anticipato di voler sapere, anche attraverso interrogazioni successive, dove sono stati portati i materiali recuperati e gli scarti smaltiti e in che misura le macerie sono state riutilizzate per la copertura definitiva; infine, dove sono stati portati i rifiuti che non sono stati conferiti all’inceneritore durante il mese di agosto quando l’impianto era chiuso per la manutenzione. E ha concluso: “Penso che il gestore Hera, visti gli utili realizzati, dovrebbe valutare l’ipotesi di realizzare l’impianto fotovoltaico, anche se i contributi sono inferiori rispetto agli anni passati, soprattutto in virtù della possibilità di recuperare energia, non solo dai rifiuti, ma anche dal sole, in una ex discarica che, per il luogo in cui si trova, non credo abbia molte altre possibilità”.