Gli edifici non sono solo oggetti. Sono parte viva di un tessuto urbano che incorporano la città e si fanno incorporare da essa. E’ con questa visione di Rafael Moneo che appare in tutta la sua interezza un concetto di modernità che trae linfa dalla storia e dalle evoluzioni della cultura ma si protende costantemente verso il futuro.
Il grande architetto spagnolo, docente alla Graduate School di Harvard, ha incontrato ieri il pubblico dell’edizione 2013 del Cersaie, il salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno, nei padiglioni di BolognaFiere, per una lectio magistralis con la quale ha illustrato la sua idea di una architettura “che non può essere considerata autonoma dal contesto. Ogni opera va vista come sostanza di quella che chiamiamo città”. Tutto lo straordinario percorso professionale di Moneo è del resto costellato di ordine, linearità e rigore, di un anelito a una modernità che si intravede soprattutto in edifici caricati del compito di integrarsi con il paesaggio antropizzato, con le altre opere realizzate dall’uomo.
Ne sono dimostrazione progetti famosi firmati dall’illustre architetto iberico, a Toledo, New York, Cartagena. In tempi relativamente recenti ma anche agli inizi della sua carriera, nel 1961, giovane laureato alla Scuola di Architettura di Madrid. Ne sono esempio il Centro Congressi di Toledo, sviluppato intorno all’idea di un muro che costituisce anche un fianco della città, un pezzo importante della sua configurazione. Ma anche il Museo del Teatro Romano di Cartagena, con il quale Moneo ha ricucito strade e palazzi e piazze intorno a un antico anfiteatro, quasi colmando vuoti tra chiese e edifici del tardo Ottocento, senza condizionare o trasfigurare il teatro di cui ha mantenuto intatto il valore di documento storico. C’è infine, altra celebra opera, il campus della Columbia University di New York, ennesima prova di coerenza con un concetto di architettura che fa di ampi spazi con facciate in vetro sulla strada luoghi che vivono insieme al resto della città.
Moneo, secondo il professore Francesco Dal Co, che l’ha introdotto davanti a una sala gremita di studenti e professionisti del settore, è l’architetto che forse più di altri ha saputo tenere la barra diritta sulla costante ricerca della contemporaneità. “Quando si perde questa strada – dice Dal Co – si apre un destino tragico”. Ma Moneo, che ha cominciato ad operare nella Spagna franchista, è anche colui che, sempre secondo Dal Co, ha espresso pienamente la capacità del progettista di vivere pienamente, “nonostante tutto, nonostante il clima politico e sociale della dittatura, con un inusitata capacità di essere fedele alle necessità dell’architettura, con continui riferimenti alla storia e una struttura culturale che lo rende uno dei più colti architetti contemporanei”.
E’ di Moneo la fabbrica Diestre di Saragozza, rigorosa opera di grande impatto. Sua anche la Torres Blanca di Madrid, così come l’ampliamento dell’Art Academy di Cranbrook. Opere che spiazzano i luoghi comuni, le certezze, le idee di infallibilità. “Perché città ed edifici – dice Moneo -, devono proiettarsi nello stesso tempo”. E allora ecco palazzi che diventano varchi d’accesso a centri storici, chiese che sono corpi vivi dei quartieri che le circondano. In una sperimentazione costante di semplicità che si tramuta in bellezza.