Taglio del nastro stamane per Cersaie 2013, una fiera internazionale “per fare politica industriale”. Giorgio Squinzi, Federico Ghizzoni, Vittorio Borelli e Duccio Campagnoli inaugurano la 31esima edizione del Salone della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno.
“Con fiere come questa si fa politica industriale vera”. Sta in questo la straordinarietà di Cersaie secondo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi intervenuto stamattina al convegno d’apertura della trentunesima edizione del Salone internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno.
Subito dopo il taglio del nastro al quartiere fieristico di Bologna, anche quest’anno protagonisti di primo piano del mondo politico ed economico hanno animato il tradizionale confronto all’Europauditorium, moderato dal direttore di Rai News 24 Monica Maggioni e dedicato al tema “Manifattura e innovazione: la ceramica italiana nella competizione internazionale”.
“Cersaie conferma la sua leadership mondiale”, ha sottolineato nel saluto introduttivo il presidente di Bologna Fiere Duccio Campagnoli. E ancora una volta rende globale la città di Bologna”.
Protagonista assoluta e ragion d’essere di un evento che non smette di rinnovarsi di anno in anno, la ceramica italiana, “leader nel mondo e fiore all’occhiello della manifattura italiana”, come l’ha definita il presidente di Confindustria Ceramica Vittorio Borelli, che ha fatto gli onori di casa celebrando il principale punto di forza di questa straordinaria realtà, ovvero il distretto ceramico: “Perché per guardare lontano bisogna avere i piedi ben piantati”, ha affermato. “Sarebbe impensabile essere leader all’estero senza esserlo prima a casa nostra, saremmo giganti dai piedi d’argilla. La scelta vincente delle nostre imprese è stata quella di investire prima di tutto nel distretto della ceramica. Perché in questa fase economica c’è un gran bisogno di fare sistema e non c’è sistema più attuale del distretto, circolo virtuoso che produce innovazione”. Una realtà, ha aggiunto Squinzi “in cui si è realizzata una sorta di sinergia incrociata, in un vorticoso processo di miglioramento qualitativo che ha obbligato anche noi a innovare e a realizzare prodotti sempre più performanti”.
Alla base, la consapevolezza del bisogno di innovazione a 360 gradi, la volontà di capire i bisogni di mutamento, di rimodellare le strutture. Impegnandosi poi a diventare leader delle esportazioni, ad esempio attraverso accordi commerciali e joint venture, realizzando stabilimenti produttivi all’estero, nei mercati dove i consumi sono più ricchi. Perché, ha concluso Borelli, “la grande sfida delle nostre imprese è l’internazionalizzazione”.
Materia in cui è maestro proprio Giorgio Squinzi, da sempre espositore con Mapei a Cersaie: “Se produciamo nei cinque continenti è anche grazie alla presenza trentennale a manifestazioni come questa, strumento fondamentale di internazionalizzazione. Chi ci governa dovrebbe tenerne conto. Eppure l’Ice l’anno scorso non ha ricevuto fondi e quest’anno ammontano a 30 milioni di euro. Numeri assolutamente inadeguati per sostenere le imprese italiane che si vogliono internazionalizzare”.
Ma sono tante per Squinzi le cose che dovrebbero cambiare, a partire dall’instabilità politica che pesa sul Paese e dal problema del costo del lavoro, “vero banco di prova di questo governo, per cui chiediamo l’abolizione dalla base imponibile dell’Irap e il riallineamento alla media europea del costo del lavoro”. Obiettivo, una crescita di almeno il 2%, che può avvenire solo creando lavoro.
Elemento fondamentale in questa catena il sistema bancario, rappresentato stamattina dall’amministratore delegato di Unicredit Group Federico Ghizzoni. “Gli imprenditori vogliono prima di tutto che la banca faccia da banca. Dobbiamo essere vicini alle imprese, conoscere il loro business, dare risposte concrete alla richiesta di credito. Per questo siamo tornati a dare responsabilità alle filiali locali, limitando la rotazione delle persone. Una banca – ha affermato -deve avere nella sua missione il supporto al manifatturiero”.
Ed è proprio su quest’ultimo che Squinzi ha insistito. “È solo nell’impresa manifatturiera e nei servizi ad essa legati che il lavoro può essere creato”. Solo così l’Italia può agganciare quella ripresa che anche secondo il Centro Studi di Confindustria è davvero in arrivo, dopo ben nove trimestri di segno meno, la perdita del 9% del Pil e la creazione di 9 milioni di nuovi disoccupati. “Ma la sapremo intercettare – ha richiamato Squinzi – solo se sapremo finalmente intervenire sui problemi dell’economia reale”.