La colorazione della polpa delle pesche dipende da un singolo gene che controlla l’enzima responsabile della degradazione dei carotenoidi, una classe di pigmenti organici. La scoperta arriva da un gruppo di ricerca italiano legato all’Università di Bologna.
Pesche a polpa gialla o a polpa bianca? E’ un singolo gene a controllarne il colore. La scoperta arriva da gruppo di ricercatori di tre diversi istituti di ricerca italiani: il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, l’Unità di Ricerca per la Frutticoltura del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura di Forlì e il Centro di Ricerca Trisaia dell’ENEA di Rotondella (MT).
Il colore della polpa delle pesche è una delle caratteristiche principali che determinano la scelta dei consumatori: molti sono attratti dalle pesche gialle, altri esprimono una preferenza per i frutti bianchi, soprattutto per l’intenso aroma che li contraddistingue. Data l’importanza del carattere, prima negli Stati Uniti e poi anche in altri paesi, è stato intrapreso un intenso lavoro di miglioramento genetico. Nel corso del tempo il colore della polpa delle pesche ha subito una interessante evoluzione: dalle più antiche pesche bianche si sono originate, grazie a mutazioni, delle varietà a polpa gialla, ma sono note anche delle variazioni spontanee di ritorno dal giallo al bianco.
Dal punto di vista biochimico, era già stata descritta una dipendenza diretta fra colore della polpa e contenuto in carotenoidi (una classe di pigmenti organici), ma questo studio del gruppo di ricerca – pubblicato sulla rivista scientifica Plant Molecular Biology Reporter – ha chiarito il controllo esercitato da un singolo gene nella manifestazione del carattere. Il gene è responsabile della codifica dell’enzima CCD4 (carotenoid cleavage dioxygenase) che ha la capacità di degradare i carotenoidi. È questa degradazione che determina la variazione di colore della polpa e anche lo sviluppo di composti (gli apocarotenoidi) che sono noti come i principali responsabili dell’aroma delle pesche bianche. Nelle piante analizzate (oltre cento varietà) sono state identificate quattro varianti diverse del gene ma una sola di queste (denominata ‘W’) è capace di degradare i carotenoidi e conferire la colorazione bianca. Le piante che hanno frutti gialli, invece, hanno questo gene in una forma non più attiva (le altre tre varianti denominate y1, y2 ed y3).
La scoperta può portare a importanti ricadute pratiche per tutti coloro che operano nel settore del miglioramento genetico e nella selezione di nuove varietà di pesco. Grazie agli strumenti di analisi del DNA messi a punto, sarà infatti possibile selezionare precocemente le piante sulla base del colore della polpa senza dover attendere il tempo necessario per la loro messa a frutto (generalmente 3-4 anni) con notevoli vantaggi in termini di spazio e di costi.