In una situazione di crisi drammatica di lavoro e occupazionale la provocazione lanciata dal direttore di Confimi e cioè se siamo in una realtà espulsiva piuttosto che in una realtà capace di attrarre investimenti e impresa è fin troppo scontata.
Sicuramente l’elevato prelievo fiscale, le burocrazie, le infrastrutture, i tempi di risposta, le complicazioni delle norme di legge non aiutano chi in questo paese avrebbe desiderio di fare impresa. Aggiungiamo a questo i costi delle energia, Hera raddoppia gli utili ma le bollette sono tra le più salate d’Europa. Si è fatto un gran parlare in questi giorni se il livello di appetibilità e di affidabilità del sistema Modena sia tale da meritarsi fughe di massa di imprese o si tratti di casi isolati e sporadici.
La risposta non è univoca e a nostro avviso Firem rappresenta in un qualche modo la punta di un iceberg di un fenomeno, quello della delocalizzazione, che non solo non è iniziato da oggi, ma già nel passato ha registrato vittime illustri, sia nel mondo del lavoro dipendente, ma anche alle imprese stesse.
La miriade di piccole imprese, tutte in difficoltà per la stretta creditizia, sostituiscono spesso i cinesi e la necessità di andare altrove. Gli Artigiani lavorano con lo stipendio di un operaio, non riescono a rimettere nell’Impresa nulla come investimenti e durante i picchi di lavoro il ricorso al nero, totale o parziale, sta diventando strutturale. Gli effetti perversi generati dalla precarietà sui consumi sono sotto gli occhi di tutti.
Andare all’estero è una possibile soluzione, ma se vi sono problemi di competitività in Italia, l’andare fuori non si è rivelata spesso una scelta vincente, più che altro una moda o una tendenza destinata a fare poca fortuna. Chiunque nel mondo è in grado di produrre piastrelle, componenti meccanici, abbigliamento. Se il made in Italy è ancora un valore e se questo paese deve avere ancora un futuro per i propri abitanti e per i propri figli, non è tollerabile che non si cerchi di porre un rimedio a tutto questo, ognuno assumendosi le proprie responsabilità. Il sindacato in primis rispettando alla lettera gli accordi che sottoscrive, le imprese che si assumano una responsabilità sociale e solidale nei confronti dei propri dipendenti, le pubbliche amministrazioni che devono facilitare il mondo delle imprese, ottimizzare i propri processi, accogliere le domande di allargamento e di investimento nel manifatturiero del erritorio o provenienti dall’estero, con l’atteggiamento di chi accoglie e non di chi è pronto a rifilare calci nel sedere con balzelli, impedimenti, burocrazie insormontabili. Si tratta di rimettere in piedi un circuito virtuoso che ha fatto grande questo territorio negli anni passati e siccome non si può vivere solo di ricordi, la politica locale necessita di un salto di qualità
(Luigi Tollari, Segretario Generale UIL Modena)