La Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale dell’Emilia-Romagna, Desi Bruno, ha visitato ieri il Cie di Modena, che dopo il cambio di gestione all’inizio di luglio è ora affidato al consorzio Oasi: hanno accompagnato la Garante Massimo Cipolla, già referente per lo sportello del Cie di Bologna, il nuovo direttore della struttura di Modena e i rappresentanti della Questura e della Prefettura.

Al momento sono trattenuti presso la struttura, di fronte a una capienza di 65 persone, 39 stranieri, tutti uomini e provenienti principalmente dal Maghreb: il 40,7% di loro è di origine tunisina, il 28,8% marocchina, mentre il restante 30,5% arriva da 17 differenti paesi. Secondo i dati forniti dal consorzio gestore, riporta Bruno, dall’inizio di luglio al 30 settembre sono arrivate nel Cie 105 persone (il 21,2% di loro proveniva dal carcere, il 78,8% dal territorio), di cui 99 uscite, per una permanenza media di 30 giorni e nessuna proroga oltre i sei mesi: si sono registrate 48 proroghe disposte in attesa di identificazione, 50 espulsioni effettuate, 10 rilasci senza espulsione e104 convalide dal giudice di pace. La Garante segnala come “continua ad evidenziarsi la presenza di persone irregolari con permesso di soggiorno scaduto e che non è stato possibile rinnovare, ad esempio per perdita del lavoro, o che non hanno mai avuto permesso di soggiorno”.

Da luglio ad oggi, dichiara la direzione, si sono registrati 5 episodi di autolesionismo, e l’ultimo tentativo di fuga è avvenuto all’inizio del mese di ottobre, utilizzando un materasso bruciato: per questo è intenzione del gestore sostituire i letti con strutture in muratura per evitare danneggiamenti in caso di rivolta. La struttura, comunque, alla visita si presenta pulita e nei letti ci sono “veri materassi”.

La Garante auspica che “la nuova gestione possa dare inizio a proficue collaborazioni e ingressi dal territorio per migliorare le condizioni di vita all’interno del Cie”, dal momento che “le persone ospitate nel centro sono provate dallo stato di restrizione della libertà senza essere impegnati in alcuna attività”, ma riconosce alla gestione la volontà di migliorare l’accoglienza: oltre alla realizzazione di un opuscolo multilingua, è in programma l’accordo con alcune realtà del volontariato locale “per l’avvio di una convenzione che prevede alcuni servizi di tipo patronale e attività, quali l’alfabetizzazione, il sostegno ad una progettualità di vita e lavorativa e impegni ludico-ricreativi”, sarà aperto un tavolo con questura e prefettura per la gestione unitaria del Cie, e verrà perseguita, grazie a un accordo con l’azienda Usl, la razionalizzazione dei percorsi assistenziali per le persone trattenute e, infine, sono stati presi contatti con l’Imam e il Vescovo del territorio per garantire i servizi religiosi. Da segnalare inoltre come, dopo il parere favorevole del Ministero, sia sempre più vicina la realizzazione di uno sportello di informazione giuridica, analogo a quello già avviato con esiti positivi a Bologna.

In ogni caso è ora di riflettere, sostiene Bruno, “sulla necessità di avere due centri di identificazione e espulsione, Bologna e Modena, nella stessa Regione” non solo perché entrambi sono “non pienamente utilizzati da mesi” ma perché “spesso non riescono neanche ad assolvere alla funzione per la quale sono stati istituti perché una parte delle persone trattenute non riuscirà ad essere identificata in quanto il paese di provenienza non li riconosce”. Infatti, secondo la Garante, “è necessaria arrivare al superamento di centri di detenzione amministrativa, frutto di una legislazione sull’immigrazione inadeguata – ragiona Bruno-, seconda la quale gli stranieri vengono privati della libertà personale senza avere commesso reato alcuno ma per il semplice motivo di non essere in regola con il titolo di soggiorno, anche dopo avere per lunghi anni abitato e lavorato in Italia”. Questo continuo “uscire e poi rientrare di molte persone, in un girone infernale che le rende prive di ogni riferimento” segna nei fatti, conclude la Garante, “il fallimento dell’esperimento Cie”.